Siccome in TV non si sente parlar d’altro che di Covid ho deciso di scrivere una cosina sul baseball, almeno avete qualcosa da non leggere e potrete vivere con questo rimorso le ultime ore di lockdown. Ultime ore prima discatenarvi in gesti di estrema ribellione, come ad esempio bere una birra con un amico.
Ho deciso di parlarvi della storia del “Team od the Decade” degli anni ’90, gli Atlanta Braves, una formazione che è entrata nella storia dello sport americano. Per parlare di cosa successe negli ’90 e del perché di questo soprannome bisogna partire dal 1976 quando la squadra del profondo Sud viene acquistata dal tycoon Ted Turner. I Braves a quell’epoca non vivevano certo la loro epoca migliore: negli ultimi anni erano arrivati ai playoff solo nel 1969 (eliminati dai New York Mets), per il resto si può segnalare solo la notte dell’ 8 Aprile 1974, giorno nel quale viene stabilito uno storico record (che resisterà per oltre 30 anni). Hank Aaron infatti supera il mito di Babe Ruth ed infrange il record di fuoricampi in carriera arrivando al fatidico numero di 715.
Con l’arrivo alla presidenza di Turner i Braves cercano di tornare sul trono del baseball americano ed il tentativo segue una strategia molto aggressiva. Vengono acquistati i migliori free agent sulla piazza, vengono scambiati i migliori giovani del vivaio per arrivare ai giocatori più in voga del momento. Ma i risultati non arrivano, nel 1977 nel mezzo ad una striscia di 16 sconfitte consecutive Turner sospende il manager e si stabilisce (per una sola partita) in panchina per dirigere il team e dare una scossa all’ambiente. La partita viene persa dai Braves e la reazione della Major League è abbastanza contrariata per la pagliacciata messa in piedi da Turner. In ogni caso la striscia di pessimi risultati non si arresta e le stagioni fallimentari si susseguono, nonostante dal vivaio provengano anche discreti giocatori.
La prima scossa positiva si registra nel 1982 quando i Braves iniziano la stagione con 13 vittorie consecutive. A fine stagione si aggiudicano il primo posto nella loro divisione e si garantiscono l’accesso ai playoff. Dale Murphy, giovane proveniente dal vivaio, si aggiudica anche il premio di MVP (miglior giocatore dell’anno). Purtroppo il cammino dei playoff è imbarazzante, i St. Louis Cardinals vincono 4 partite (le serie si gioca al meglio delle 7 partite) senza concedere nemmeno una vittoria ai Braves. Ma la partecipazione ai playoff pare essere la base di partenza ed il futuro della squadra di Atlanta sembra promettente.
Purtroppo questa stagione è l’unico squillo in tutti gli anni ‘80. Atlanta sprofonda in una crisi clamorosa e per i successivi anni occupa stabilmente l’ultimo posto in classifica della divisone, diventando la squadra zimbello della intera Major League. Nel 1988 i Braves arrivano a perdere addirittura 106 partite delle 160 disputate, distanti ben 40 vittorie dai leader della classifica. Piccola nota a margine: nei disastrosi Braves del 1988 gioca stabilmente Andres Thomas, giocatore che qualche anno dopo giocherà per ben 3 stagioni in Italia (nel BBC Grosseto). Ma torniamo alla serie incredibile di stagioni disastrose dei Braves. Beh, non ci crederete, ma questa sarà, incredibilmente, la fortuna della formazione di Atlanta. Già, perché nello sport americano classificarsi all’ultimo posto garantisce automaticamente il diritto alle prime scelte dei giovani giocatori provenienti dai College e dalle Università americane, in maniera di offrire una possibilità alle squadre peggiori di costruirsi un futuro più felice. Atlanta, almeno in questo, lavora bene: nelle patetiche annate degli ’80 seleziona i migliori giovani sulla piazza. E non sbaglia molte scelte, faccio solo tre nomi che torneranno nella nostra storia: nel 1984 selezionano Tom Glavine, mente nel 1988 firmano Steve Avery e nel 1990 Chipper Jones.
Il 1990 è anche l’ultima stagione disastrosa dei Braves. Chiudono la stagione nuovamente all’ultimo posto con il pessimo record di 65 vittorie e 97 sconfitte (le partite della stagione sono intanto diventate 162) ed hanno ancora in campo quell’Andres Thomas oltre che tal James Vatcher (che qualche anno dopo verrà anche lui in Italia, a Rimini, dove sarà autore di una stagione mostruosa).
Il 1991 è la chiave di volta della storia che stiamo raccontando. I giovani del vivaio esplodono definitivamente (Avery, arrivato solo 3 anni prima “grazie” ai pessimi risultati, vincerà 18 partite sul monte di lancio, Glavine 20 e sarà eletto Miglior Lanciatore della MLB), i giocatori mediocri vengono rimpiazzati dai nomi affermati (Terry Pendleton su tutti, che quell’anno verrà eletto MVP) e tutto gira nella direzione giusta sotto la guida del Manager Bobby Cox. Atlanta chiude la stagione con 94 vittorie e 68 sconfitte, un risultato eccellente che garantisce l’accesso ai playoff. La sorte mette di fronte i giovani e sorprendenti Braves contro i Pittsburgh Pirates, autori di ben 98 vittorie in stagione: ne viene fuori una serie elettrizzante, con ben 4 partite decise da un solo punto ed una partita risolta solo agli inning supplementari.
I Braves sono alle World Series, la serie finale del campionato di Major League, dove affronteranno i Minnesota Twins, vincitori di 95 partite durante la stagione regolare. La serie di finale è la più bella di sempre. Cercherò di entrare meno possibile nel tecnico, ma non prometto nulla. Si gioca anche qui al meglio delle 7 partite: Gara 1 viene vinta dai Twins 5-2, Gara 2 di nuovo a firma Twins per 3-2 con un punto segnato al penultimo inning. Atlanta sembra con un piede nella fossa dopo le due prime partite in Minnesota, deve sperare di poter sfruttare il fattore campo nelle successive 3 partite in Georgia. Inizia bene vincendo Gara 3 per 5-4 al 3° inning supplementare, dopo aver dilapidato un vantaggio di 3 punti all’8° inning. I Braves vincono anche gara 4 per 3-2 con un punto segnato all’ultimo attacco. Galvanizzati dalle 2 vittorie sul filo di lana i giocatori di Atlanta si portano ad una sola vittoria dal titolo di campione del Mondo quando vincono 14 a 5 Gara 5, riuscendo a ribaltare l’inerzia della serie che li aveva visti partire con due sconfitte consecutive. Si torna a giocare in Minnesota per il titolo: gara 6 può dare il titolo ai Braves. Sul monte di lancio per Atlanta c’è quello Steve Avery che abbiamo già incontrato, mentre per Minnesota Erickson. La partita arriva sul punteggio di 3-3 al 9° inning, sono necessari nuovamente gli extra-inning. Atlanta ha buone occasioni ma non le sfrutta, mentre all’11° attacco Minnesota segna il punto della vittoria grazie al fuoricampo di Kirby Puckett, giocatore iconico degli anni 80-90. Si va quindi alla bella, Gara 7, chi vince quella partita vince il Campionato del Mondo.
Nella gara senza un domani Atlanta schiera come lanciatore John Smoltz (un altro dei giovani del vivaio, acquistato anni prima da un'altra formazione), mentre Minnesota Jack Morris. Ne viene fuori una partita spettacolare, che si chiuderà per 1-0 al primo inning supplementare. Qui concedetemi un minimo approfondimento tattico perché probabilmente sono due inning tra i più emozionanti della storia del baseball, quindi se non capite non fa nulla ma non posso non soffermarmici un secondo.
La sliding door per i Braves è l’8° attacco: Lonnie Smith apre l’inning battendo una valida e fermandosi in prima base, Pendleton lo segue battendo una valida da due basi profondissima. Tutti credono che Lonnie Smith farà in tempo a correre dalla prima base a casabase per segnare il punto del vantaggio, ma il seconda base dei Twins fa un gesto che trae in inganno il giocatore di Atlanta che prima perde il passo di corsa, poi addirittura si ferma tra le basi facendo in tempo ad arrivare solo in terza base e non riuscendo a completare il giro delle basi per segnare l’1-0.