Riflessioni "alte"

Enrico Luschi • 12 maggio 2020

Una cosa copiata pari pari

Oggi (25.04.2020) gli italiani celebrano la democrazia, sistema di potere nell' ambito del quale contano in quanto sovrani, poiché muniti di matita per l'esercizio dell' elettorato attivo. Unitamente alle mascherine ed agli altri dispositivi di protezione individuali, lo Stato -nelle sue infinite articolazioni- per la giornata odierna avrebbe dovuto distribuirne uno volto a proteggere il cittadino dalle illusioni.

Non è una mascherina e neppure un paio di guanti bensì lo scritto di Fernando Gonzalez Celis, ricercatore di Studi Internazionali alla Universidad de Chile e professore di Teoria Politica al Centro de Estudios Politicos della Universidad Metropolitana de Ciencias de la Education di Santiagio del Cile, intitolato " Reflexiones sobre la democracia" e pubblicato il 1989 nella Revista de Sociologia n. 4 del Departamento de Sociologia de la Universidad de Chile.

Per meglio presentare questo studio mi affido alle parole di Renzo Giorgetti, autore di un libro "Demofagia" che dovrebbe essere reso obbligatorio sin dalla scuola materna. Dice Giorgietti: «[...] Cercando di mettere ordine nella Babele concettuale data dalle formulazioni teoriche esistenti, per nulla imparziali e sempre giustificatorie, Gonzalez rileva come non solo il termine democrazia si leghi sempre a quello di crisi, ma come tutte le esperienze politiche contemporanee vogliano accreditarsi come democratiche, quasi a sfruttare le potenzialità insite in tale assetto di potere, cosi come nella sua ambiguità, che permette di operare nella massima autonomia senza mai discostarsi dalla legittimazione data da una presunta volontà popolare. La democrazia sarebbe in realtà un termine equivoco che nella sua indeterminatezza servirebbe a definire "un ordine politico utopico in teoria, caotico in pratica e sempre conflittuale" (p. 160).

Ed è interessante notare -prosegue l'autore - che se il fine
dello Stato è il bene comune della società e il fine della societàè la realizzazione esistenziale dei suoi membri, né lo Stato né la società hanno l'obbligo di fondarsi su ordinamenti democratici.Non solo, ma il termine democrazia inteso come governo del popolo è un assurdo, in quanto governare e essere governati sono due cose differenti, così come è impossibile essere e non essere contemporaneamente una stessa cosa (principio di logica che, aggiungiamo noi, da Aristotele passerà poi al tomismo fino ad influenzare anche la critica al democratismo di Guénon).

Il popolo, che non è mai sovrano, verrebbe quindi sfruttato dall'ideologia democratica, che di fatto non sarebbe altro che lo strumento di un regime totalitario i cui membri, per quanto variegati e in reciproco conflitto, sarebbero però accomunati dalla possibilità di esercitare un dominio di fatto unilaterale e incontestabile.

Tutte le forze ammesse nel regime democratico, al di là delle differenze più o meno reali, verrebbero così a configurarsi come una sorta di partito unico che, sia pure secondo innumerevoli sfaccettature, in quanto "rappresentante del popolo" si accrediterebbe come esclusivo, fedele e infallibile interprete della sua volontà. La democrazia non diventa altro che un mezzo utile, ai suoi possessori, per gestire il potere senza rischi o opposizioni reali. Una "finzione teorica", "un assurdo filosofico e politico" (p.161); un sistema di potere composto, tra gli altri, da politici e intellettuali, e che partendo dalla volontà di modificare la natura umana, cerca di operare tutti quei cambiamenti utilialla produzione di un nuovo tipo umano, malleabile, in perenne disfacimento, senza ordine e unità interiori, paralizzato, alieno dalla realtà.

Il nuovo totalitarismo che sorge, lungi dal servire il popolo, vive invece a sue spese "divorandolo, parassitandolo senza però distruggerlo conpletamente, mantenendolo in uno stato di decrepitezze o debolezza, morale, spirituale, intellettuale, politica". Un sistema falso, illusorio, che non ha altra ragion d'essere che l'esercizio di un potere totale e senza alternative a se stesso, che si sostiene grazie allo sfruttamento senza curarsi di altro all' infuori della propria sopravvivenza.

La conclusione che se ne ricava è quindi devastante nella sua semplicità:
Estamos viviendo en la nueva era: la era de la Demofagia.

(Questo scritto è copiato pari pari dalla bacheca di un utente Facebook, tal "Eric Packer", soggetto interessante da seguire e che da ora in poi sarà presente su queste misere paginette. Pubblico quanto sopra solo oggi per non essere "fasssista" a pubblicarlo il 25 Aprile)

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