Ave villici!
E' da un po' che non recensisco più un libro, effettivamente sto leggendo molto meno di quanto facessi precedentemente. Pur disponendo di una quantità di tempo libero che probabilmente in vita mia non avrò mai più, riesco a leggere con difficoltà. Questo sarà il primo anno del nuovo secolo che chiuderò sotto i 20 libri letti, a meno di un novembre e dicembre stellari, cosa della quale dubito. Il perchè di questo calo nella lettura non so spiegarlo bene, in realtà leggo sempre molto, ma mi oriento sempre più su reportage online e sempre meno verso i libri. Forse anche perchè miei autori preferiti sono tutti morti o in procinto di morire e mi avvicino sempre con circospezione a nuove firme.
L'altro giorno ero con la mia signorina a Trento (una gran bella città, ve la consiglio) e ho avuto la fortuna di entrare alla "Viaggieria", una libreria specializzata in libri di viaggi. Libreria veramente da 10, fornitissima e con staff veramente disponibile e con un buon sito. Oltre alle guide per le destinazioni prossime venture (che già so che visiterò solo nella mia testa o su Youtube), ho chiesto al ragazzo della libreria di consigliarmi un libro di viaggio scritto nello stile di Bryson, uno dei miei autori preferiti e che su queste paginette è stato citato in più occasioni. Il consiglio che mi è stato dato è "Una cosa divertente che non farò mai più" di David Foster Wallace.
L'autore non mi è nuovo, in tenera età mi sono avventurato nel mastodontico "Infinite Jest", l'opera che ha consacrato DFW nell'olimpo degli scrittori più influenti degli anni. Opera osannata da molti, fu uno zuppone per me indigeribile. Non ci capii un cazzo, ma forse non era un libro da leggere a 20 anni, per lo più spesso gonfio come un'ocarina. Fu una di quelle letture che ti segnano nei confronti dell'autore, che tenni sempre alla lontana e che portò come unico frutto all'utilizzo dell'infinito testo (1200 pagine, se non riordo male) a fermaporta dello sgabuzzino.
Due parole su DFW: americano, classe 1962, sin da giovane si mise in luce come uno dei più promettenti autori americani. Stile ironico, acuto osservatore con un filo di cupezza nelle discrezioni, DFW ha firmato molti libri di successo non solo nel panorama letterario americano. Come già scritto sopra il suo capolavoro è "Infinite Jest", ma merita menzione anche "La ragazza coni capelli strani" (che prima o poi leggerò). Oltre che celebrato scrittore è stato anche professore universitario. Personalità complessa, secondo il padre ha sofferto molto di depressione (per oltre 20 anni) e solo grazie ai medicinali riusciva ad essere produttivo. Nel 1989 è stato anche ricoverato in una clinica psichiatrica. Si è impiccato a soli 46 anni nel 2008. Insomma, una vita che ne vale 4.
Veniamo al nostro saggio: il libro nasce come incarico della rivista Harper's Magazine di raccontare cosa girasse intorno al mondo dei viaggi in crociera, molto in voga tra i facoltosi turisti americani degli anni'90. DFW quindi si imbarca su una crociera e racconta la sua settimana a bordo di quel microsmo che è la "Nadir", la gigantesca barca che salpa da Fort Lauderdale (Florida) per 7 giorni di navigazione nei Caraibi.
Il libro -Edizioni minimun fax, 150 paginette a 15 euri- risulta divertente, anche se la partenza è abbastanza in sordina (la descrizione del pre-imbarco e del primo giorno di navigazione, per quanto arguti, sono veramente noiosi). La scrittura scorre piacevole nonostante un massiccio uso di note a piè di pagina, quasi un sublivello narrativo che alle volte fa perdere il filo, anche se il confronto con Bryson è francamente impietoso. Sono molto carini alcuni momenti narrati da DFW, specialmente quelli nei quali l'autore descrive con la sua isteria, senza alcun freno inibitore, il microcosmo che lo circonda. Cito (solo per far vedere che l'ho letto davvero) la sconfitta a scacchi con l'odiosa bambina di 9 anni e la fantastica descrizione dello strano rapporto che si sviluppa con Petra, la cameriera addetta alle pulizie della camera.
"Fa ridere, ma anche riflettere" era una battuta molto in voga anni addietro su Twitter e stavolta la riciclo in questa breve e insulsa recensione. Vale la pena leggerlo? Si, indubbiamente, anche se non è il classico libro da leggere sovrappensiero. Ma chi riesce a far ridere senza scadere nel pecoreccio, aggiungendo anche una chiave di lettura ben più "impegnata" tra una pagina e l'altra merita senza dubbio fiducia. Si avvicina a Bryson? No, ma merita comunque la sufficienza.