Ave villici!
Eccoci tornati alle recensioni di libri, era del tempo che non ne facevo una, ma del resto gli ultimi due libri che ho letto sono baseball (ed abbastanza tecnici, per rappresaglia), quindi ho evitato di pubblicare post che avrebbe letto solo mio padre ed esclusivamente per umana compassione nei miei confronti.
Torno in pista invece con uno dei miei autori preferiti, oggi è infatti il turno di “Il fuoco invisibile”, l’ultima fatica del buon Daniele Rielli (ei fu Quit the Doner) uscita da poco più di un mese. Dell’autore ho già parlato in occasione dell’uscita per Mondadori del romanzo “
Odio” (<--- se te la sei persa pigia LI' per leggere la mia recensione, lesto!!!), un piccolo gioiellino che vi invito nuovamente a leggere. Non sono un fanatico di romanzi in genere, ma quello mi sento di consigliarlo.
“Il fuoco invisibile” è edito da Rizzoli, sono 304 pagine di inno all’espatrio e può essere vostro per appena 18 euri, che in genere è meno di quello che pagate per un aperitivaccio vista parcheggio della LIDL con l’ultima preda adescata su Tinder.
Questo libro non so bene se classificarlo come romanzo o come un’inchiesta giornalistica a tinte famigliari, ma qualunque sia la classificazione corretta posso solo dire che l’ho finito in meno di 24 ore dall'acquisto. Siccome mi picco di fare recensioni senza parlare delle trame dei tomi che si accumulano sul mio comodino (ma che ci tengo a farvi sapere che ho letto), accenno solamente il tema centrale del libro, ovvero la xylella, aka la devastazione degli ulivi pugliesi in atto ormai da svariati anni.
Rielli conferma per l’ennesima volta il suo talento nel saper utilizzare vari registri senza far perdere il filo al lettore, una qualità che ho sempre apprezzato da quando lo lessi la prima volta (Vice?) e che ormai mi costringere a leggere ciecamente qualsiasi cosa costui pubblichi. Sulla qualità della scrittura e della piacevolezza del leggere Rielli non mi soffermo troppo in questa recensione, l’ho già lodato abbastanza in quella di “Odio” (e non mi ha nemmeno mandato 30 euri sulla Postepay, che cuore arido), ma il riuscire a farti incollare ad un libro che verte su un argomento del quale sai pressochè nulla, oltretutto non proprio di facilissima comprensione e del quale -analizzando la cosa a fondo e in totale onestà- non te ne importa una sega, è un piccolo capolavoro.
E' il primo romanzo di Rielli che leggo senza neanche un pompino: invecchia, ma gli vogliamo un gran bene ugualmente visto che, nonostante questa imperdonabile mancanza, ti tiene incollato ed il capitolo che termini di leggere è sempre il penultimo.
Ho apprezzato molto anche la rigorosità dell’inchiesta giornalistica, anche sotto quel punto di vista Rielli compie un gran bel lavoro, che esplora tutti i terreni sondabili senza tralasciare nulla, riportando quanto doveroso riportare, sia che si parli della tesi “investigative” di un ricercatore, della tragedia di un imprenditore o del delirio di un qualche scappato di casa che ha, ahinoi, un qualche ruolo nel mondo.
In questo dramma tutto italiano c’è veramente un esemplare spaccato del nostro disastro nazionale, non manca davvero nulla: analfabetismo funzionale at its finest, pensiero magico altromondista, pressappochismo, burocrazia, complottismo delirante, magistratura, politica e giornalismo straccione. Il tutto concorre a determinare un discreto risultato nella gestione di un'emergenza: sono appena 21 i milioni di alberi di ulivo che magicamente si sono tramutati in legna da ardere nel giro di pochi anni.
Una lenta ed inesorabile discesa agli inferi della gestione di quel che pare sia il più grave disastro fitosanitario al mondo, pagina dopo pagina lo sconcerto ti assale nel vedere la reazione ora di qualche personaggio famoso, ora il servizio delle Iene a difesa di tesi talmente strampalate da far sorridere compassionevolmente, ora la risposta della politica e dell’imprenditoria locale o le azioni della magistratura. Il tutto mentre il disastro procede a passo di danza e travolge anche le piante della famiglia dell’autore.
Insomma, il consiglio è quello di fare vostro questo ultimo lavoro del buon Rielli e leggerlo tutto d’un fiato, fosse solo per avere finalmente la contezza che i frutti del vostro fondo pensione dovrete per forza goderveli altrove, non certo in questo meraviglioso Paese. Temo a malincuore che abbia ragione Seminerio quando afferma che l'Italia sia sempre più sospesa in un luogo dell’anima a metà tra Medio Oriente e Sud America, ma questa è un'altra storia.
Accattatevillo.