Recensione "Breve storia della vita privata"

Enrico Luschi • 22 maggio 2019

Ave fanciulli!

Avevo promesso la recensione di questo libro di Bill Bryson qualche post fa, quindi oggi è il giorno giusto per mantenere la promessa. "Breve storia della vita privata" è uno dei libri a firma Bryson (un autore che ho già trattato qualche tempo fa e per il quale provo una profonda ammirazione) che ho amato di più.

Il libro, di fatto, non ha una vera trama: Bryson usa l'espediente di una infiltrazione d'acqua per avviare un viaggio all'interno delle mura domestiche, camera per camera. Si tratta quindi di un breve viaggio all'interno della casa dell'autore, un viaggio immaginario che ci aiuta a capire come sia cambiato nel corso del tempo il nostro rapporto con la casa stessa, il cibo, il sesso, le malattie, la moda, il sonno e quant'altro: si passa dalla storia dell’illuminazione domestica alla scoperta delle vitamine ai folli viaggi del Capitano Cook, dalla storia dei materiali da costruzione a quella del tè, dal telefono ai topi, scarafaggi e ogni altra sorta di animale che faceva parte della vita quotidiana dei nostri antenati, dalle parrucche ai bustini e la biancheria intima.

Si rimane affascinati dalla serie infinita di aneddoti presenti nel libro, si ride di gusto per le stranezze legate ad aspetti che tutto farebbero pensare tranne che a una vena comica. Bryson, per l'ennesima volta, mostra delle ottime capacità di divulgazione. E' un libro veramente affascinante, non facile da descrivere a chi non ha mai avuto il piacere di leggersi un libro di Bryson, perchè in questa opera il suo stile, a mio modestissimo avviso, raggiunge l'apice. La cosa paradossale è che l'apice dello scrittore famoso per i suoi diari di viaggio si raggiunge in un viaggio all'interno della propria casa.

Forse la cosa migliore è citarvi un veloce passo del libro, per farvi capire di cosa si parla:

"In cucina veniva usata una gran quantità di spezie, ma solamente due erano considerate indispensabili al punto di non lasciare mai la tavola. Mi riferisco a sale e pepe. Perchè siano state proprio queste due, fra le centinaia di spezie e condimenti disponibili, a godere di una devozione così durevole è uno dei quesiti con cui abbiamo cominciato questo libro. La risposta è complessa e drammatica. Vi posso dire sin d'ora che nulla di ciò che tocchiamo al giorno d'oggi è più legato a ecatombi, sofferenze e dolori delle innocue colonnine gemelle della saliera e della pepiera. Cominciamo dal sale, che è una componente preziosa della nostra alimentazione per un motivo basilare: ne abbiamo bisogno. Senza sale moriremmo. [.....] Come potessero sapere di doverlo cercare è quindi un interrogativo interessante, soprattutto perchè in certi luoghi per procurarselo era necessaria una buona dose di ingegno. Gli antichi britanni, ad esempio, riscaldavano legnetti sulla spiaggia, poi li immergevano in mare e raschiavano via il sale. Gli aztechi, invece, lo ottenevano facendo evaporare la loro urina. Non si tratta di azioni propriamente intuitive, per usare un eufemismo. Eppure aggiungere sale alla dieta è uno degli istinti naturali più profondi e universali. Ogni società in cui il sale è a disposizione di tutti ne consuma in media una quantità quaranta volte superiore al proprio fabbisogno. Non ci basta mai. Il sale è diventato ormai talmente onnipresente e a buon mercato che spesso ci dimentichiamo quanto fosse ricercato un tempo, tanto che per gran parte della Storia ha portato gli uomini ai più lontani confini del mondo. Era necessario per la conservazione della carne ed altri cibi, e per questo se ne richiedevano spesso grandi quantità: nel 1513, per una campagna militare, Enrico VIII fece macellare e mettere sotto sale 25.000 buoi. Nel Medioevo, carovane formate anche da 40.000 cammelli (un numero sufficiente a formare una colonna lunga più di cento km) attraversavano il Sahara trasportando il sale da Timbuctu ai vivaci mercati del Mediterraneo. Per il sale gli uomini si sono fatti la guerra e sono stati venduti come schiavi, quindi si può dire che abbia causato qualche sofferenza. Ma non è nulla in confronto ai tormenti, ai bagni di sangue e all'avarizia omicida associati a una serie di minuscoli ingredienti di cui non abbiamo alcun bisogno e potremmo tranquillamente fare a meno. Mi riferisco ai complementi del sale nel mondo dei condimenti: le spezie."

Il libro è scritto in questa chiave, appena ci si immerge nella lettura è impossibile non rimanere affascinati dalle storie e dalla scrittura di Bryson. Un libro semplice e leggero ma che vi rapirà sin dalle prime pagine. Lo considero uno dei libri fondamentali per scoprire un autore ancora non molto conosciuto nel nostro Paese del cazzo.

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