No al mito-Pantani

Enrico Luschi • 14 maggio 2019

Poche Tappe di Giro d'Italia e già troppo Pantani

Siamo in periodo di Giro d'Italia, maglie rosa, salite, imprese sportive storiche.

A me sovvengono alla mente anche altri ricordi.
Amo il ciclismo, una passione nata grazie a mio nonno che, nei pomeriggi di estate degli anni '80-'90 , mi metteva con gusto davanti alla TV nelle ore più calde della giornata , facendomi la sua strampalata telecronaca, molto alternativa rispetto a quella di De Zan prima e gli altri commentatori successivi. Amo il ciclismo, nonostante scandali e piattume tattico di questi anni.

Pensi al Giro ed è impossibile non pensare a Pantani, ultimo grande scalatore di livello mondiale. Un mito per lo sport, non solo Italiano. Azioni epiche, scatti risorgimentali tanto erano clamorosi, sfortunatissimo, capace di tenere incollati alla TV milioni di telespettatori. Uno così, nel ciclismo di oggi, non esiste e chissà se mai esisterà nuovamente. Forse il solo Contador, negli anni successivi, ha minimamente avvicinato la fantasia e gli azzardi tattici che ci regalava il Pirata. Un mito.

Ma, purtroppo, anche uno che ha barato. Cosa accertata ma che in Italia, come al solito, si fa finta di dimenticare.
Quindi quando si parla di Pantani, dopo le magnifiche imprese sportive, si parte subito coi sospetti del complotto di Madonna di Campiglio, la solitudine, la triste morte tra droga e delirio in uno scalcinato residence da due soldi di Rimini. Mai che venga fuori qualcosa di diverso o di un taglio non dico critico, ma almeno distaccato. Pantani è questo moloch, ormai è passata questa versione del personaggio e così serve ai media ed al sistema del ciclismo Italiano. Così gli si può dedicare approfondimenti, puntate di programmi televisivi, manifestazioni, il premio per la salita più dura del Giro etc etc. Mi spiace ma non è così che, adesso, ricordo Pantani.

Dispiace dirlo, perchè davvero Pantani è stato qualcosa che è andato oltre il semplice atleta. Non so, sarà stata la sua corporatura gracilina, il fatto che -onestamente- era bruttino, la testa pelata o le orecchie a Dumbo, ma insomma faceva simpatia. Però, ripeto, al pari di altri, Pantani era "pieno" come un uovo a due tuorli. E, sinceramente, non mi sembra il caso di elevarlo a vittima del sistema o eroe perseguitato. Pantani si dopava e sapeva quel che faceva. Quindi, come minimo è stato accondiscendente verso quel sistema, vittima proprio no. Poi vorrei sapere secondo quale logica, il ciclismo avrebbe dovuto uccidere la sua gallina dalle uova d'oro (tra tifosi impazziti e sponsor miliardari tornati al ciclismo) proprio appena nata? Via, siamo logici.

Non che Pantani fosse il solo atleta a farlo, ma proprio perchè atleta-simbolo di quel periodo la sua colpa è anche maggiore degli altri. Poi ragazzi, davvero, basta con questa storia che "siccome lo fanno tutti allora va bene". Questa mentalità mafiosetta del cercare rifugio nel mal comune mezzo gaudio è veramente fuori da ogni logica accettabile. Sei uno sportivo, vivi di quello, ma una delle tue preoccupazioni è eludere controlli o trovare la via di fuga per non farti pizzicare ai test. Benissimo, ma se ti sgamano ti sputtani, c'è poco da fare. Siamo adulti e vaccinati: oneri e onori e soprattutto responsabilità delle proprie scelte.

Oltretutto, anche dopo essere stato sgamato nel famoso test di Madonna di Campiglio del 1999, Pantani non fece nulla per svelare il marcio del'ambiente, a differenza di altri. Ha sempre cercato di buttarla sul complotto e sul vittimismo tipico (purtroppo) di noi Italiani. E' questa, almeno a mio avviso, la cosa più deludente del personaggio Pantani, visto con distacco a distanza di anni. Poi, sia ben chiaro, l'amore per il Pantani ciclista (dopato tra i dopati) rimane immutato. Ma, come dicevo, proprio per ciò che ha dovuto passare (sia sportivamente che umanamente) la sua omertà sul sistema è ancora più deplorevole. Che fossero dopati tutti, o almeno una larghissima parte, penso lo sapessero tutti, ma rifugiarsi nel cercare complotti orditi ora dalla Mafia ora dalla Federazione Mondiale del Ciclismo non credo abbia portato ad avere un sistema ciclistico più pulito. Inutile anche parlare con i "se" o con i "ma", ma forse un gesto del genere (una piena confessione) avrebbe salvato anche l'uomo Pantani, chissà. Sempre con i "se" o con i "ma" si potrebbe immaginare una carriera lavata da quella ipotetica denuncia, chissà che direttore sportivo (lo stratega, per i profani) scoppiettante sarebbe stato Pantani, con quel suo gusto smodato per le azioni folli.

A scanso di equivoci, un po' di fatti. Incontrovertibili ed accalarati. In ordine cronologico:

Pantani, nel 1995, in una corsa minore di fine stagione (Milano-Torino), subisce un gravissimo infortunio dovuto allo scontro con una macchina che, non si è mai capito perchè, transitava sulle strade di quella gara. Portato in ospedale fa registrare un ematocrito di 60.1%. Niente di irregolare o vietato, ma sintomo di un uso massiccio di EPO, la droga sportiva di quegli anni. Fu condannato per frode sportiva, fece appello e lo vinse perchè ai tempi non era una pratica sanzionabile, ma risulta dalla dichiarazione dei medici dell'ospedale che il tasso di ematocrito facesse registrare valori da yo-yo, scendendo e salendo in una maniera tale da poter essere spiegato solo con l'assunzione di EPO.

Si passa al magico Tour del 1998, quello vinto, quello della famosa e ineguagliata doppietta Giro-Tour nello stesso anno. Anche qui pessime notizie: Pantani infatti, alla luce dei test effettuati anni dopo con macchinari e tecniche più evolute, risultò essere positivo all'EPO in 3 tappe del Tour:

  1. Tappa n.11, vinta
  2. Tappa n.15, vinta
  3. Tappa n.16, secondo
Dal famoso Giro del 1999 fu escluso per il tasso di ematocrito alto (52% contro 50 del regolamento). Come al solito in Italia si gridò al complotto, tuttavia è interessante notare che il dottore della Mercatone Uno dell'epoca, Rempi, fu accusato di aver lavorato con "grosse negligenze" e da quel momento non lavorò più nel mondo del ciclismo professionistico.

Negli anni si sono verificati vari scandali nel mondo del ciclismo, tra cui il famigerato "file dlab” , un file trovato nei computer del Centro Studi dell’Università di Ferrara – cioè dei dottori Francesco Conconi e dei suoi collaboratori Ilario Casoni, Giovanni Grassi e Michele Ferrari, tutti riconosciuti colpevoli di pratiche dopanti – che attesta una differenza tra ematocrito minimo di Pantani ( 40.7 ) e massimo ( 57.4 ) del 41% : una differenza che non ha alcuna spiegazione “naturale”.

Ripeto, questi sono i fatti, tralascio le illazioni mai chiarite, almeno processualmente (la famosa siringa di insulina, i vari nomi "Ptni" & "Panticosa" del famoso Dottor Fuentes nella Operacion Puerto).

Insomma, tutto questo pistolotto per dire che la figura di Pantani, così come viene presentata, è una merce artefatta, non corrispondente al vero. Ed è un danno grave, perchè Pantani, ancora oggi, anche a chi nemmeno lo ha visto dal vivo per un secondo, stimola la voglia di alzarsi sui pedali e spingere un altro po'. Mi immagino (vista anche la penuria di atleti simili, come dicevo sopra) che ancora oggi qualche bambino che si avvicini
per la prima volta alla bici da corsa pensi a Pantani. Quindi è necessario distruggere il mito-Pantani, non renderlo un santino da venerare, un prodotto da vendere (canzoni, film, fiction, libri, tutto fa ciccia) o da compiangere come vittima, ma ricordarlo per quello che, stringi stringi, è stato davvero.

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