Perchè siamo ancora fascisti dentro

Enrico Luschi • 6 giugno 2021

Oggi roba di una pesantezza insostenibile, in tempi di BLM

Ave villici!

E' domenica, ho mangiato come un bove, la mia ragazza è al lavoro, non ho un cazzo da fare ma al tempo stesso un enorme bisogno di attenzione, quindi eccomi qua.

Veloce antefatto: qualche giorno fa mi sono infognato in una feroce discussione su Whatsapp con un amico (persona per bene, intelligente e tutto fuorchè un nostalgico del DVCE) su un argomento che nulla aveva a che vedere con il fascismo. Ma da alcune sue risposte mi è venuto da pensare quanto, come popolo, siamo ancora fascisti dentro.

Mi spiego meglio: escludo da questo ragionamento i malati mentali che vedono il futuro in una teoria politica (giusta o sbagliata che sia non è questo il punto) elaborata 100 anni fa, sono casi irrecuperabili che meritano solo enorme compassione e un forte abbraccio di incoraggiamento. O i ritardati inconsapevoli, quelli che magari condividono su Facebook post del genere "Mussolini ha dato le pensioni agli Italiani". Anche qui il problema è a monte e nulla ci si può augurare tranne che una auspicabile dittatura sanitaria che ricoveri tali malvissuti. Il nocciolo del problema, per me, riguarda tutti gli altri. Ovvero proprio coloro che sarebbero pronti a morire pur di non dichiarsi impregnati di un certo "fascismo culturale".

Ma perchè siamo questi? Perchè ad esempio siamo quelli che parlano 3 giorni di una ricetta della carbonara di un qualche sito neozelandese? O che pensano di essere alfieri di una qualche superiorità culturale quando da decenni siamo insignificanti in qualsiasi arte vogliate prendere in esame? O abbiamo pensieri grezzi e offensivi per l'intelligenza umana come le sparate di un Franceschini qualsiasi che spreca miliardi di soldi pubblici per fare "la Netflix statale" per poi creare quell'aborto di itsart.tv?

Partiamo dal ricordare cosa sia stato il fascismo, ovvero un regime totalitario che è durato oltre 20 anni, molto pervasivo e con una narrativa molto forte, che ha forgito due generazioni di italiani sotto tutti i punti di vista. Sarebbe interessante rispondere all'obiezione "Ma Mussolini ha fatto anche cose buone", come se fosse particolarmente scaltro segnalare un eventuale lato positivo di un governo in carica per oltre 20 anni senza alcuna opposizione. Mi sembra fisiologico che "qualcosa di buono" il fascismo lo abbia fatto, ma come argomentazione mi sembra veramente patetica. Un ponte, una ferrovia, una qualsiasi legge, anche per sbaglio, in 20 anni di governo probabilmente lo avrebbe realizzato letteralmente chiunque.

Torniamo a noi, al post 1945, dato che questo con questo articolo non voglio giudicare il fascismo sotto l'ottica dell'azione di guida del Paese. Mi interessa molto di più il periodo che parte subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Gli Italiani, di fatto, non hanno mai accettato le conseguenze di aver inventato, supportato e diffuso questa forma di governo. Dal 1945 c'è stato un clamoroso colpo di spugna sul nostro passato, come se non fosse mai successo nulla dalla Marcia su Roma alla Liberazione. La mancanza di questo processo di espiazione sulle nostre responsabilità è secondo me la più importante causa di questo eterno fascismo più o meno strisciante.

A differenza di quanto successo in Germania (sin da subito blandamente, ma che accellera moltissimo dal processo ad Eichmann in Israele) da noi si rimossero dai posti di potere solo i vertici del fascismo, mentre rimasero al loro posto le alte e basse manovalanze, i funzionari e tutta la massa di gente che era stata forgiata dalla persasiva retorica fascista nel ventennio precedente. Basti pensare che ancora nel 1952 il 90% dei Prefetti in carica sono ancora quelli nominati da Mussolini. Un errore che l'Italia ripetè poi anche nel post Tangentopoli, quando bastò far rotolare qualche testa, tra quelle più esposte, per credere di aver sanificato un sistema marcio dalle fondamenta. Ma il rifiuto del nostro passato non si ferma a questo, due esempi su tutti: la mancata estradizione in Etiopia di un acclarato criminale di guerra come Rodolfo Graziani nel 1949 o l'impunità e la nuova vita politica concessa a secchi di merda come Almirante e gerarchetti vari. Cosa forse ancor più grave è il non aver sgretolato le istituzioni fasciste, tanto è vero che ad esempio il processo penale rimarrà quello di matrice fascista per molti anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il fascismo, almeno per come lo intendo io, è la naturale (e sotto certi punti di vista la necessaria) prosecuzione del nostro Risorgimento. Cavour avrà fatto l'Italia ma, che ci piaccia o meno, gli Italiani li ha fatti Mussolini, dandogli tutto quello che il Risorgimento prima e la Prima Guerra Mondiale dopo non erano riusciti a dare a questo sventurato Paese e la sua bizzarra popolazione. Un Paese sventurato che per secoli aveva vissuto nell'umiliante ricordo della Roma Imperiale e del Rinascimento, si trova ad entrare nel "mondo che conta" per una fortunata serie di eventi. La clamorosamente tardiva unità nazionale, quasi più figlia di volere straniero che autoctono, rimette nella testa del popolaccio le manie di grandezza e rivincita, verie bandiere nazionali. Le promesse di quell'Unità Nazionale, ovvero rinverdire i fasti passati, sono però "tradite" dalla Prima Guerra Mondiale, nella quale l'Italia, tra mille stenti, riesce e vincere la sua campagna contro l'Austria ma si ritrova con poco più del proverbiale pungo di mosche in mano.

Fare i conti con questa realtà a nemmeno 50 anni dalla tanto agognata Unità Nazionale e con una guerra "vinta rovinosamente" non credo che sia stato una cosa semplice, ma tant'è. Il figlio di questi 50 anni così importanti della Storia Patria è proprio il fascismo, "bravo" a cogliere il momento giusto per salire al potere e toccare le corde giuste per qualificarsi agli occhi della popolazione e garantirsi da essa il supporto (o quanto meno la non ostilità). Quindi l'Italia entra nella modernità sotto il morbido abbraccio dell'uomo forte al comando ed in grado di soddisfare tutte le promesse tradite da 50 anni a questa parte. Un Paese poverissimo (andate a cercarvi il confronto tra l'Italia del 1922 e la Nigeria attuale per scoprire quanto era povera l'Italia postbellica), in un'Europa devastata, entra nella modernità con le parole del DVCE che promette un Impero fuori tempo massimo.

Facciamo il nostro salto in avanti al 25 Aprile 1945 e vediamo cosa succede. Con una scelta folle che abbraccia tutto il neonato arco parlamentare, dai democristiani (zeppi di fascisti rivestiti) ai comunisti tornati alla vita politica pubblica dopo due decenni di terrore, si sceglie di proseguire il mito del Risorgimento, mito stavolta piegato all'esigenza di accomunare le baionette dell'esercito sabuado (e dei volontari garibaldini) alle canne dei fucili dei partigiani della Resistenza. La nostra solita morale a comando, unita ad una logica flessibile, riesce quindi in un bel carpiato nel giro di poche settimane. Il Risorgimento, anche se rimasticato, si conferma quindi mito fondativo della giovane Italia postbellica, un altro errore da sommare a quello che abbiamo visto sopra della non decapitazione dell'apparato pubblico di stampo fascista.

Non contenti si pensa bene di scrivere una Costituzione che di fatto rende impossibile governare un Paese, facendo anche qui l'esatto opposto di quello che viene fatto in Germania. I tedeschi, reduci dal nazismo figlio di Weimar e della sua Babele politica ingovernabile, forgiano il loro stato su un Cancelliere in grado di guidare la neonata Germania democratica, da noi passa la linea che essendo stata Weimar la mamma del nazismo, ovvero l'uomo forte al governo, bisogna far di tutto perchè nessuno possa davvero governare. Un errore strategico che servirà solo a far nascere un Governo all'anno e a rendere Mussolini l'ultimo ricordo di un leader saldo al comando.

Un altra mossa geniale è il dividere un Paese diviso (e appena uscito da una guerra civile sfiancante come la Resistenza) tra i bianchi della DC ed i rossi del PCI già dal 26 Aprile 1945, cosa molto semplice nel paese dei guelfi e dei ghibellini, sempre pronti a bruciarsi la propria città pur di non far vincere la fazione avversa. Questa ennesima divisione nazionale ha come unico risultato il rendere quasi impronunciabile la parola "patria" fino quasi alla sera del Mundial 1982, regalando il monopolio di un argomento fortemente retorico ai neofascisti del MSI e puntellando l'immagine di Mussolini come ultimo vero uomo dedito alla Patria.

Io la vedo così.

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