Next stop Venezuela

Enrico Luschi • lug 23, 2020

Cronache dal socialismo irreale.

Ave villici!

Per bizzarre coincidenze astrali non ho un cazzo da fare ed eccomi pronto a pontificare su tutto lo scibile umano, come regola del Terzo Millennio impone.

Dare uno sguardo all’attualità in questo periodo è un esercizio meraviglioso. Si sono raggiunte delle vette che solo qualche anno fa sarebbero state immaginabili solo in qualche film di Mel Brooks. L’Italia, almeno recentemente, non si è distinta per essere un Paese particolarmente serio o affidabile, men che meno un Paese dove potersi immaginare un futuro e delle prospettive di sviluppo. Ogni volta che vado in viaggio all’estero per qualche giorno, al momento del rientro (e con questo intendo le perennemente guaste scale mobili di Fiumicino) mi sembra sempre di fare un viaggio all’indietro nel tempo. Ma questo probabilmente è una mia paturnia mentale che conta poco e val quel che vale, come diceva il buon Guccini quando ancora era comunista a sua insaputa. Adesso però il gioco si sta spostando su un altro livello, a mio modesto avviso veramente pericoloso.

Non sono mai stato un teorico del “botto”, dello schianto fragoroso del nostro “sistema Paese” (ah, che soddisfazione: finalmente l’ho scritto anche io) quanto di un continuo arrancare diretto verso un definitivo declino, ma ultimamente qualche gocciolina di sudore freddo inizia a venirmi.

Partiamo da un po’ più lontano rispetto all’attualità stringente. Non vi sarà sfuggito che verso fine Febbraio è venuto fuori il Covid-19, con tutto il macello economico e sanitario che si è portato appresso. Sono prontissimo a perdonare al Governo qualsiasi errore di gestione sanitaria dell’emergenza, per mille motivi: il virus era nuovo e sconosciuto per tutti, siamo stati travolti per primi nel mondo occidentale e tutto quello che volete. Mentre su questo sono disponibile a non infierire sul Governo, non sono disponibile a a far passare come normale la gestione democratica ed economica di questa emergenza.

Si vocifera ormai di un prolungamento dello stato di emergenza fino al 31.12 senza nemmeno (al momento in cui scrivo) il manifestarsi della temuta seconda ondata. Nonostante  questo il nostro Governo pare essere l’unico al mondo intenzionato a fare questo passo. Questione di lana caprina? Si si, può essere. Non lamentiamoci però se poi torniamo a vedere chiudere un Paese con una diretta via Facebook del buon Conte, cosa che era capibile al sorgere del problema ma che sarebbe quantomeno discutibile dopo mesi di “esperienza” sul campo. Ma la questione democratica, come abbiamo visto da Marzo in avanti, è una porta che è già stata sfondata, quindi diamola per persa subito e mettiamoci l’anima in pace.

La questione economica è molto più interessante da approfondire. Nel corso di questi mesi, complice l’emergenza, sono passate sotto silenzio alcune manovre mica da ridere. Facciamo un attimo mente locale perché, probabilmente è anche legittimo in questo delirio quotidiano, perdere il filo. Appena partita l’epidemia abbiamo scoperto l’inutilità dei navigator del reddito di cittadinanza (milioni di euro da spendere ogni anno, dati alla mano, dati al majale), poi abbiamo visto l’epilogo della vicenda ILVA con -di fatto- una bella nazionalizzazione per produrre acciaio di Stato. Un settore innovativo e profittevole, oltretutto. Qualche giorno fa Zingaretti ha detto che all’ILVA produrremo “acciaio verde grazie all’idrogeno”. Incuriosito ho cercato online e nessuno al mondo produce acciaio utilizzando idrogeno, ma all’ILVA di Taranto ce la faremo. Come dimenticare poi Alitalia che (solo durante il lockdown) ci è costata appena 4 miliardi e che ha avuto il tatto di vendere fino alla scorsa settimana biglietti per voli già cancellati in programmazione e rimborsati con “voucher”, un gesto veramente apprezzabile. Poi la vicenda delle Autostrade, meravigliosa ma ingiustamente offuscata dalla news del Recovery Fund, ma che merita almeno due parole.

A seguito del crollo del famoso ponte Morandi e la morte di decine di persone, l’allora governo Carioca spese subito parole per promettere la revoca delle concessioni ad Atlantia, il buon Conte disse che non potevamo permetterci di “attendere i tempi della giustizia” (ricordo che sarebbe avvocato e che questa è una bestemmia giuridica) e che quindi il Governo –del quale facevano parte menti sopraffine come ad esempio Toninelli, Di Maio e Salvini- avrebbe agito d’imperio e deciso (non si sa in base a quale fattore determinato da presunte conoscenze) che la colpevole era Atlantia degli odiati Benetton. Passa il tempo, si ricostruisce male il ponte (tanto che la velocità di transito sarà di soli 70 km/h) e dal nulla si decide di revocare la concessione per far fuori i cattivissimi Benetton. Come se dentro ad Atlantia ci fossero solo i Benetton, peraltro: hanno il 30% di una società che detiene l’88% della famosa concessione (che gestisce nemmeno il 65% dell'intera rete autostradale italiana), per semplificare il discorso in maniera brutale. Ma sono dettagli, serviva un cadavere appeso per il pubblico sollazzo ed è toccato ai Benetton. Anche qui solo due annotazioni: w lo Stato di diritto e tanti cari saluti al restante 70% degli azionisti di Atlantia, che si attacchino al cazzo.

Quindi, per ora, abbiamo uno Stato che si fa imprenditore nella siderurgia con l’acciaio, nel trasporto aereo con Alitalia e stradale con Autostrade (e ricordiamo che quello ferroviario è liberalizzato, a voler essere buoni, al 50%). Intanto il buon Emanuele Felice –il responsabile economico del PD- in una tragicomica intervista di qualche giorno fa ha dichiarato che nel mirino dello Stato Imprenditore ci sono già anche TIM e Open Fiber, per completare questo progetto di socialismo irreale in salsa italiana.

La carrellata degli orrori prosegue poi con il famigerato Recovery Fund. Mi ha colpito molto come è stato trattato il tema dai media mainstream: sembrava che ci fosse una gara tra Italia e Olanda, quando invece il fronte dei "frugali" (?) era composto da molti Paesi che si sono, legittimamente, rotti il cazzo di dover salvare di tasca propria da ipotetici crack 30 anni prima la Spagna, poi la Grecia, poi il Portogallo e dopo l'Italia.

Pensate, costoro anche l'ardire di chiedere conto dei soldi che ci prestano, nonostante il nostro uomo forte del momento, Conte, si fosse presentato al vertice europeo dichiarando che avrebbe accettato anche un minore stanziamento di fondi ma senza alcuna condizionalità. Chiedere l'elemosina senza dover rendere conto, in poche parole. Il negoziato è stato un buon compromesso, se stessimo parlando di un Paese normale.

Invece stiamo parlando dell'Italia, quindi la situazione si complica: il nostro Paese riceverà degli aiuti, per buona parte a fondo perduto e un'altra parte vincolati a delle condizionalità. L'Italia, come prima azione per dare un segnale positivo, ha pensato bene prima di rifiutare nuovamente il MES (che ha anche meno condizionalità del RF) poi di formalizzare l'ingresso di Cassa Depositi e Prestiti nella strategica azienda tessile Corneliani, quindi anche vestiti di Stato!

Ma la cosa potrebbe essere anche positiva, ironie a parte: semplificando potremmo dire che gli aiuti che arriveranno nel 2021 dall'Europa sono vincolati ad un controllo da parte di chi ci presta questi soldi. Questo potrebbe portare ad avere la speranza di un percorso che rimetta l'Italia in carreggiata, dopo 3 decenni di delirio. Il rischio che il rubinetto si chiuda potrebbe finalmente spingere la politica italiana a varare quelle fantomatiche riforme necessarie a dare di nuovo il via al Paese.

Purtroppo le prime reazioni non sono positive. Oltre al già citato caso Corneliani abbiamo assistito alla geniale mossa strategica del Governo: l'istituzione di una bella task-force per studiare un piano di investimenti e riforme. Questo secondo me è il vero indice dello sbando attuale. Dopo mesi passati ad invocare l'aiuto della UE ci vengono promessi dei soldi, il minimo che ci si aspetterebbe da un Paese decente sarebbe l'avere già pronto un piano (anche perchè altrimenti a che titolo chiedi i soldi, per diritto divino?), mentre qui siamo all'istituzione della ennesima task-force che partorirà un bel documentino che sarà al centro del dibattito televisivo per una settimana e poi sarà dimenticato, come tutti gli altri varati in precedenza. Basti ricordare, uno per tutti, il fresco piano Colao, vecchio solo di qualche settimana ma già accantonato e dimenticato da tutti.

Siamo un Paese senza speranza, per la prima volta lo dico/scrivo con la convinzione che in vita mia non vedrò mai questo Paese comportarsi in maniera seria. Avessi 18 anni non avrei nemmeno l'idea di costruirmi un futuro in questo posto.

Ci sarebbero da raccontare anche le peripezie di quel demente di Landini (non ci crederete ma per Mr. CGIL la priorità è tutelare i pensionati, gli unici che non hanno nemmeno sentito la crisi) o quanto successo con la scuola, altro capolavoro di inettitudine, dato che in appena 6 mesi il Governo -nato per evitare il malgoverno di Matteino Tuttominchia, ricordiamolo- non è stato in grado nemmeno di programmare il nuovo anno scolastico e si prospetta il caos per Settembre, ma è l'ora del grappino e mi sono rotto i coglioni di scrivere.

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