Lo studio matto e disperatissimo

Enrico Luschi • 15 maggio 2021

La seconda puntata della nostra storia

Ave villici!

Riprendiamo la nostra storia, eravamo rimasti con il mondo che a fatica si era reso conto del pericolo scampato nel 2003 con la Sars, una malattia nuova e sconosciuta che ha colpito solo la lontana Asia, ma che ha falciato comunque centinaia di vite. Ripartiamo da lì.

Non è ancora finito il 2003 che la Sars riappare. E’ l’8 settembre e a Singapore viene diagnosticato un nuovo caso: un ricercatore di 27 anni risulta positivo. Si occupa di altri virus, ma lavora in un laboratorio dove si sta studiando proprio la Sars, sotto il controllo di osservatori dell’Oms. Il laboratorio è di livello Bsl-3, un alto livello di biosicurezza (il massimo è 4), ma nonostante questo gli osservatori segnalano subito un preoccupante numero di errori e falle nel sistema gestionale. “La possibilità che un’epidemia di Sars possa svilupparsi da un incidente di laboratorio è un rischio di considerevole importanza” si legge nel rapporto consultabile qui

https://www.who.int/csr/don/2003_09_24/en/

Tra fine 2003 ed inizio 2004 si segnalano casi sporadici nuovamente sparsi per l’Asia, ma tutto sommato il virus non fa paura, almeno fino al 22 Marzo 2004. Una studentessa dell’Istituto Nazionale di Virologia a Pechino ha ricevuto il permesso di poter lavorare due settimane nel laboratorio dell’università dove, anche lì, tra le altre cose, si studia la Sars. Il 25 marzo torna nel suo paese natale (a circa 1.200 km da Pechino) per trovare la mamma. In treno si accorge di avere l’influenza. Il 29 marzo va all’ospedale perché la situazione si è aggravata, tanto da essere ricoverata per qualche giorno. Viene dimessa il 2 aprile e torna nuovamente dalla mamma.

Il 5 aprile un’infermiera del reparto dove era stata ricoverata si ammala, viene ricoverata ed il 14 aprile entra in terapia intensiva. Il 17 aprile si ammala un altro ricercatore dell’Istituto Nazionale di Virologia a Pechino, il 19 muore di polmonite la mamma della giovane studentessa. Il 23 aprile Pechino chiude l’Istituto Nazionale di Virologia, visto che si sono già registrati 9 casi. Stavolta l’intervento è stato rapido ed efficace, la trasmissione del virus è stoppata sul nascere. Tuttavia i funzionari dell’Oms stilano un rapporto il 18 Maggio e segnalano nuovamente gravi lacune nella gestione dei laboratori cinesi.

La Cina non può permettersi una nuova figuraccia internazionale dopo la pessima esperienza della prima epidemia di Sars, quindi agisce in maniera esemplare: viene licenziato il direttore dell’Istituto Nazionale di Virologia, due membri esecutivi del board ed il direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattia. Addirittura il quotidiano ufficiale in lingua inglese “China Daily” del Partito Comunista Cinese scrive “L’inchiesta dimostra che si tratta di un incidente dovuto alla negligenza. […] Tra gli errori compiuti c’è il fatto di aver permesso ai ricercatori di compiere esperimenti usando campioni biologici di Sars in laboratori comuni e di non aver segnalato immediatamente le anomale condizioni di salute dei ricercatori”.

La Cina sembra aver capito l’errore del 2003 e mostra per la prima volta piena collaborazione con i funzionari dell’Oms. Fatto incoraggiante è il far cadere teste responsabili degli errori e la pubblicazione delle notizie inerenti la cattiva gestione dei laboratori incriminati.

Gli studi sulla Sars vanno intanto avanti e qui entrano in gioco l’Istituto di Virologia di Wuhan e la dottoressa Shi Zhengli. Già studiosa di livello internazionale, firma come seconda autrice il primo studio che lega la Sars ai coronavirus dei pipistrelli. Nello studio si legge che “L’epidemia di Sars è stata senza dubbio causata da un nuovo coronavirus emergente, conosciuto ora come Sars-CoV. […] E’ quindi altamente probabile che vi siano altri coronavirus imparentati con la Sars ancora da scoprire nei pipistrelli”. L’articolo viene pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science” nell’Ottobre del 2005.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16195424/

Intanto il mondo va avanti e la Francia, interessata a far produrre autovetture alle sue aziende automobilistiche ad un costo più basso, inizia a flirtare diplomaticamente con la Cina di Hu Jintao. Nel corso di vari accordi i due stati si impegnano anche alla costruzione del primo laboratorio livello Bsl-4 in territorio cinese. Lo costruiranno nella provincia di Hubei, vicino a Wuhan. Più di qualcuno storce il naso sin da subito, perché regalare alla emergente Cina due secoli di progressi nello studio dei virus costruendo il laboratorio e formando il loro personale? Oltretutto stiamo parlando di un regime che controlla direttamente la Scienza tramite il Partito Comunista, fortemente militarizzato e antidemocratico. Sia come sia l’accordo si fa e la Cina avrà il primo laboratorio Bsl-4, di fatto costruito gratis dalla Francia.

Nel frattempo la dottoressa Shi Zhengli studia forsennatamente la Sars, nel corso degli anni pubblica moltissime ricerche su prestigiose riviste scientifiche e diventa ben presto una star nel mondo della virologia. Nel 2006 ad esempio è la prima a scoprire che il Sars-CoV si lega alle cellule umane tramite un recettore chiamato Ace2, un passaggio molto importante per comprendere meglio il virus che ha tenuto la comunità scientifica col fiato sospeso solo 3 anni prima.

Shi Zhengli però non si ferma qui e porta avanti un nuovo progetto, ossia creare una “chimera”, ovvero modificare la proteina dei coronavirus dei pipistrelli ed ottenere così un nuovo “spike” in grado di legarsi al recettore Ace2 delle cellule umane. Un risultato evolutivo impossibile in natura. Shi Zhengli inanella una serie impressionante di risultati importanti in campo scientifico, ma il vero boom lo fa nel 2013, quando su “Nature” del 28 Novembre pubblica uno studio che alza l’asticella. Cacciatori di reperti dei pipistrelli vengono spediti a 1.600 km a sud-ovest di Wuhan alla ricerca di grotte da studiare, lavoreranno un anno in quelle grotte, tornando con 117 campioni di feci e tamponi anali dei pipistrelli. Il 23% di questi tamponi risulteranno positivi al coronavirus.

Tra le varie scoperte interessanti dello studio la più preoccupante è quella che assicura che il nuovo coronavirus dei pipistrelli (in gergo SL-CoV-WIV1) è in grado di legarsi al famoso enzima Ace2 umano e, almeno potenzialmente, di passare dai pipistrelli all’uomo. “E’ la più chiara dimostrazione che il Sars-Cov ha avuto origine nei pipistrelli” è la conclusione dell’articolo. La dottoressa è ormai tra gli scienziati più famosi della Cina.

https://www.nature.com/articles/nature12711


La scoperta clamorosa di Shi Zhengli è interessante anche se la guardiamo da un altro punto di vista: dal 2013 un coronavirus in grado di infettare il genere umano viene prelevato da una grotta e portato in un nuovissimo laboratorio di massima sicurezza a 1.600 km di distanza. Ma la dotteressa è inarrestabile, il suo sogno di creare la “chimera” è ancora da realizzare, ma ben presto compie il miracolo. Insieme all’epidemiologo americano Ralph Baric, in un articolo pubblicato il 9 Novembre 2015, danno al mondo la lieta novella: la “chimera” è stata realizzata. Si chiama SHC014-MA15, è in grado di replicarsi e diffondersi nei topi e di attaccare le cellule delle vie respiratorie, senza alcuna possibilità di cura.

L’articolo è una bomba, la comunità scientifica protesta e gli Stati Uniti abbandonano il progetto. La Cina capisce che rimarrà l’unica nazione a lavorare in questo settore e non si fa pregare per cogliere un’opportunità tanto ghiotta, nuovamente a costo zero. Il dibattito su questo tipo di studi è antico, già il 17 Ottobre 2014 Obama aveva sospeso i finanziamenti per tali attività, ma lo studio Shi Zhengli-Baric aveva avuto il via libera prima della moratoria, quindi è stato portato regolarmente a termine. Uno dei commenti più duri arriva da Richard Ebright, biologo molecolare alla Rutgers University: “L’unico effetto di questo lavoro è di aver creato in laboratorio un nuovo pericolo che non esisteva in natura”.

https://www.nature.com/news/engineered-bat-virus-stirs-debate-over-risky-research-1.18787

La Cina ha campo libero e va avanti: nel 2016 Shi manda altri 13 ricercatori nella regione dello Yunnan, in una vecchia miniera abbandonata. Anni prima 6 operai entrarono per togliere dei detriti, 3 di loro morirono a causa di una strana polmonite. I ricercatori raccolgono 276 campioni fecali, dei quali 138 sono positivi. Stavolta dallo studio emergono due notizie importanti: vengono individuati due nuovi coronavirus prima sconosciuti e in 14 campioni si registrano fenomeni di coinfezione. E’ ciò che alcuni scienziati cercano ossessivamente da anni e ciò che altri temono: la coinfezione favorisce la ricombinazione dei geni e l’origine di nuovi agenti patogeni. I rapidi successi della dottoressa Shi hanno portato la Cina al top mondiale della ricerca sui virus letali, manca solo un altro piccolo passo.


Il 23 febbraio 2017 è il giorno in cui Pechino va a riscuotere la cambiale firmata dalla Francia qualche anno prima: il primo ministro francese Cazeneuve è a Wuhan ad inaugurare il nuovissimo laboratorio di massima sicurezza cinese. Il piano cinese in materia è molto ambizioso: hanno in progetto di realizzare tra 5 e 7 altri  nuovi laboratori di livello Bsl-4 entro il 2025. Le proteste nel mondo sono molte, oltre ai già citati aspetti geopolitici va tenuto conto che la Cina sconta una grave mancanza di esperienza in materia ed i segnali sui controlli, errori e trasparenza non giocano certo a favore del regime comunista di Pechino. Alcune proteste sono anche inerenti la tempistica per le autorizzazioni ad operare nei laboratori: il Giappone ha ottenuto il via libera solo nel 2015 per un laboratorio costruito nel 1981, mente il Cnas (Servizio Nazionale Cinese per accredito e valutazione di conformità) ha validato il neonato laboratorio di Wuhan in soli pochi mesi. Adesso la Cina, in questo settore è completamente autonoma, senza controlli e senza rivali.

Continua…..

Se vuoi condividere

Share by: