Come nasce l'inferno

Enrico Luschi • mag 16, 2021

Terza puntata, si arriva allo scoppio dell'epidemia

Ave villici!

Siamo alla terza puntata, abbiamo visto come, incredibilmente le potenze occidentali abbiano fornito alla Cina un laboratorio Bsl-4 e come la abbiano lasciata sola ad esplorare un campo delicato, senza alcun vincolo di controllo. Ripartiamo da questo punto.

La Cina inaugura il suo laboratorio Bsl-4 con solo 7 dipendenti formati all’estero, sin da subito Israele lancia un grido di allarme per evidenti infiltrazioni degli apparati militari cinesi nel laboratorio che doveva essere strettamente “civile”, ma la comunità internazionale non può più trattare la Cina come l’aveva trattata nel 2003, all’epoca della prima Sars. Adesso la Cina non è più il paese che era nel 2003, sono passati gli anni ed è diventata il Dragone che tutti conosciamo. Azioni come mandare gli ispettori dell’Oms non sono più facilmente percorribili, anche perché sono cambiati i vertici stessi dell’Oms, con personaggi molto più tolleranti verso il regime cinese.

Intanto gli studi cinesi vanno avanti ed alle ricerche civili si affiancano quelle militari, ancora più difficili da tenere sotto controllo internazionale. Una delle tante spedizioni di ricerca militare cinese è quella che per due anni manda dei ricercatori nella regione del Dinghai. Campionano 334 pipistrelli, dei quali 89 risultano positivi al coronavirus. Tra questi due sono coronavirus fino ad allora sconosciuti, verranno chiamati SL-CoVZXC21 e Sl-CoVZC45. E’ una scoperta importante, perché attraverso studi sui ratti viene dimostrata la possibilità di diffondere l’infezione senza necessità di adattamento o mutazione. E’ un nuovo salto di specie non dovuto alla casualità dell’evoluzione ma dalla competizione tra scienziati. I due nuovi coronavirus vengono registrati il 5 gennaio 2018 nella banca dati GenBank a nome dell’Institute of Military Medicine Nanjing Command, che ha già registrato altri 109 genomi di coronavirus, segno che lo studio degli stessi interessa molto la scienza militare cinese.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6135831/


Passiamo ad una ricerca svolta sempre nello stesso lasso di tempo: l’istituto di Virologia di Wuhan, che abbiamo imparato a conoscere nella puntata precedente, nel 2015 esamina campioni di siero di 218 persone che vivono nel distretto di Jinning, in due villaggi molto vicini a due grotte infestate di pipistrelli. In questi villaggi non si sono mai segnalati casi di Sars, ma 6 persone hanno sviluppato gli anticorpi ai coronavirus dei pipistrelli nonostante nessuno dei 6 abbia mai avvertito sintomi di Sars. L’instancabile dottoressa Shi conclude il suo studio affermando che i sei cittadini sono sicuramente entrati in contatto con altre varianti di coronavirus non ancora scoperte dall’uomo. Perché questo studio è importante? Perché in un articolo scientifico a stessa firma della maggiore esperta cinese, quindi non passabile di “propaganda nemica occidentale”, la dottoressa Shi mette nero su bianco che almeno dal Febbraio 2018 (data di pubblicazione della ricerca) l’Istituto di Virologia di Wuhan era a conoscenza del pericolo di trasmissione del virus dai pipistrelli all’uomo. Teniamolo lì, ci tornerà buono più avanti.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29500691/

E’ il 9 dicembre 2019. La rete ProMED-mail, la rete che tiene traccia dei focolai di tutte le malattie infettive nel mondo, raccoglie la notizia di un incidente nel laboratorio dell’Istituto di ricerca veterinaria (livello Bsl-3) di Lanzhou, nella Cina nordoccidentale. Ne è nato un focolaio di brucellosi, il laboratorio è stato subito chiuso, ma si registrano subito 96 infezioni tra studenti e ricercatori.

Il 30 dicembre 2019, alle 23:59 di Boston (sede degli uffici centrali dell'organizzazione) la rete ProMED-mail capta l’avviso di una polmonite con sintomi sconosciuti a Wuhan. Poche ore dopo la Commissione Sanitaria Municipale della metropoli cinese dirama un avviso urgente che, dopo nemmeno 10 minuti, circola già tra le app di messaggistica istantanea dei medici cinesi.

La stessa mattina la dottoressa Ai Fen, in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Centrale di Wuhan, studia il referto di un paziente ricoverato il 27 dicembre. Nota che nel secondo rigo del foglio, nella finca deputata a raccogliere la diagnosi, compaiono i caratteri latini “SARS”. Avverte il primario del pronto soccorso e fotografa il referto, per poi girarlo sulla chat dei colleghi affinchè tutti usino le precauzioni del caso. Dopo pochi secondi dalla ricezione sul suo telefono, il giovane oculista Li Wenliang gira la foto a tutti i suoi contatti in rubrica, vuole che nessuno prenda sottogamba la notizia. Nel giro di poche ora la notizia si estende a macchia d’olio da smartphone a smartphone. Prima di sera la Commissione Sanitaria Municipale dirama il secondo avviso urgente. Da questo momento, negli apparati di sicurezza cittadini, scatta anche una nuova emergenza: scoprire chi ha reso pubblica la notizia del nuovo caso di Sars.

La mattina successiva i contagiati accertati sono già 27. Nella stessa mattina i medici dell’ospedale Jinyintan chiedono all’Istituto di Virologia di Wuhan di mappare il genoma del virus inviando i campioni biologici dei prima malati. Il giorno dopo il regime comunista mostra al mondo la sua efficacia: otto persone sono accusate di aver “diffuso dicerie” e si trovano “sotto procedimento” per aver fatto girare in rete “informazioni inaccurate provocando un’influenza sociale negativa”. Il messaggio è letto nel TG della Cctv (la rete nazionale del Partito Comunista) e diffuso sul web dall’agenzia stampa Xinhua. Ma lo stesso giorno accade una cosa ben più grave della denuncia dei nemici del popolo. Nel pomeriggio l’autorità provinciale di Hubei ordina ai laboratori di interrompere tutte le analisi sui campioni di Wuhan. Tutto viene resettato, non è successo nulla. Un crimine sanitario che costerà milioni di morti.

Il 2 gennaio l’Istituto di Virologia di Wuhan mappa l’intero genoma del nuovo coronavirus. La notizia verrà diffuso al mondo solo 4 mesi dopo, il 20 aprile, fino ad allora la mappatura verrà tenuta segreta. Un gesto che impedirà a tutti gli istituti di ricerca del mondo di poter sperimentare farmaci, cure e vaccini. La Cina quindi gira le spalle al mondo dopo aver avuto decenni di aiuti e di sviluppi inavvicinabili dal regime di Pechino. Le prime 48 ore del nuovo anno segnano uno spartiacque ed un punto di non ritorno.

Il 3 gennaio da Shangai viene registrato su GenBank il genoma Sars-CoV-2, grazie alla analisi sui campioni biologici di un paziente ricoverato a Wuhan già il 26 dicembre. Il responsabile di questa registrazione è tal Zhang Yongzhen, professore dell’Università Fudan di Shangai. Viene intervistato dal Time, visto che ufficialmente è il primo al mondo ad aver mappato il nuovo virus. Nei giorni successivi inizia a studiare meglio la sua nuova scoperta e, tramite una veloce ricerca sul database online Gisaid, trova che la mappatura che ha appena scoperto ha due parenti stretti tra tutte le migliaia di coronavirus registrati sulle varie banche dati mondiali. Si chiamano SL-CoVZC45 e SL-CoVZXC21, proprio i due coronavirus scoperti dalla spedizione militare cinese nel Dinghai e registrati su GenBank dal 5 gennaio 2018. Invierà le sue scoperte a Nature il 7 gennaio, ma l’articolo verrà pubblicato solo il 3 febbraio, quasi un mese dopo.

https://www.nature.com/articles/s41586-020-2008-3

La risposta del regime cinese non si fa attendere: il 12 gennaio 2020 ordina la chiusura del Centro Clinico di Sanità Pubblica di Shangai. Il decreto di chiusura parla di “rettifica”, un termine ambiguo ma che non cambia la sostanza dei fatti: il laboratorio che ha mappato il genoma del nuovo virus di questa nuova epidemia di Sars e che lo ha reso pubblico al mondo viene chiuso dopo nemmeno una settimana dalla scoperta, senza che nei precedenti mesi avesse ricevuto un singolo avvertimento o sanzione per una qualche negligenza.

Nello stesso giorno Li Wenliang, il giovane oculista di Wuhan che aveva girato la foto del referto a tutti i suoi contatti in rubrica viene ricoverato, si è contagiato. Intanto l’11 gennaio a Wuhan si era registrato il primo morto del nuovo attacco di Sars, a confermarlo è la stessa Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan, che però smentisce sia il contagio del personale sanitario, sia la trasmissione da umano a umano. Un’altra bugia che aiuterà a diffondere il Sars-CoV-2. Nel fine settimana successivo sono già 14 i dipendenti del Wuhan Union Hospital, ma la notizia verrà resa pubblica solo 9 giorni dopo.

A questo punto vengono alla mente 4 domandine semplici semplici.
Prima domanda: dato che i virus non camminano da soli, come è possibile che i parenti più stressi del virus che sta contagiando centinaia di persone a Wuhan siano due coronavirus raccolti a Dinghai e indotti al salto di specie nei laboratori militari di Nanchino e Chongqing? Qualcosa non torna: Dinghai dista quasi 1.000 km da Wuhan, che a sua volta dista 536 km da Nanchino e 850 da Chongqing.
Seconda domanda: perché per 20 giorni viene negata la trasmissibilità del virus da persona a persona quando è scientificamente provata da anni (grazie agli studi della stessa dottoressa Shi)?
Terza domanda: perché il genoma è stato tenuto nascosto alla comunità scientifica per 7 giorni e consegnato solo dopo la mappatura del laboratorio di Shangai?
Quarta domanda: perché è stato chiuso il laboratorio di Shangai del dottor Zhang Yongzhen?

Qui la storia inizia a prendere una strada più buia, perché inziano delle strane manovre che alimentano i dubbi ed i sospetti verso il regime cinese. Il 3 febbraio la prestigiosa rivista Nature pubblica il primo studio della famosa dottoressa Shi sulla nuova epidemia. L’articolo ha avuto un iter molto veloce: era stato inviato solo 14 giorni prima e accettato in 9, tempi record. Specialmente se si pensa che l'articolo del dottore di Shangai ha dovuto aspettare quasi un mese. Lo studio della dottoressa Shi sostiene che, rispetto al virus di "origine" militare, ci sia un virus ancora più vicino a quello che sta falcidiando la popolazione di Wuhan, simile al 96.2% al genoma isolato ufficialmente dal laboratorio di Shangai.

Il virus oggetto della scoperta della dottoressa Shi si chiama RaTG13. Dal nome scompare Sars. Su GenBank, il database mondiale online, risulta estratto da un tampone fecale raccolto il 24 luglio 2013, quindi ecco spiegato il 13 nel nome. La data coincide con il periodo nel quale i cacciatori di reperto dell’Instituto di Virologia di Wuhan sono impegnati nello Yunnan nella miniera famosa per aver contagiato 6 operai, dei quali 3 poi moriranno di una strana polmonite. L’indagine è una delle tante pubblicazioni della dottoressa Shi, risale al 2016, la trovate qui. Non cercateci il nuovo RaTG13 perché in quella pubblicazione questo virus non appare. Non appare perché misteriosamente viene registrato su GenBank solo il 27 gennaio 2020, ben 7 anni dopo. Fino ad allora nessuno ha mai sentito parlare del RaTG13. Appare quantomeno sospetto che un campione raccolto nel 2013 venga registrato solo nel 2020 e che diventi il punto focale dello studio della dottoressa più attiva nella ricerca sui coronavirus.

Continua....

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