Le dimissioni

Enrico Luschi • 27 gennaio 2019

Capitolo I del romanzo a tappe "Figli di un Dio mediocre"

Spense la canna in quel ridicolo posacenere ricordo di Sidney e, demoralizzato, si mise a fare due coccole al gatto che dormiva sereno sul divano. Sguardo fisso in un punto imprecisato, indirizzato verso la finestra panoramica sul bellissimo golfo, stasera tutto illuminato dalle lucine dei locali lungomare. “No, mi sono proprio rotto i coglioni– si disse- domani annuncio le mie dimissioni”. Andò in bagno, pisciò e, senza tirare lo sciacquone, andò a letto.

La mattina seguente si svegliò di buon'ora, con la testa pesante per l'erba della sera precedente. Controvoglia fece una veloce colazione poi prese il telefonino, provò a fare una chiamata ma nessuno rispose. Allora mandò un messaggino su Whatsapp al Direttore, annunciando che oggi sarebbe stato il suo ultimo giorno di lavoro e che avrebbe dato le dimissioni in diretta TV in serata. La diretta TV gli spettava da contratto e, anche se nessuno dei suoi predecessori l'aveva mai richiesta, era convinto che era la cosa giusta da fare. Sotto tanti punti di vista. Era sicuro che il Direttore Tony sarebbe stato in grado di strappare fino all'ultimo centesimo dai vari impresari e gli avrebbe garantito la maggior copertura mediatica possibile con una rete conosciuta in tutto il mondo.

Non era rimasto affatto sorpreso dalla mancanza di reazioni emotive da parte del Direttore alla notizia delle sue dimissioni: Tony era un tipo smaliziato ed entusiasta del suo lavoro, sebbene sicuramente dispiaciuto per questa separazione, sapeva che questa notizia sarebbe stata una bomba e che ci avrebbe tirato su dei bei soldini.

Era dunque il suo ultimo giorno di lavoro. Si tormentò per qualche minuto con due semplici domande: “Oggi lavoro o faccio il paraculo?” e “Sei pronto per domani?”. La seconda forse era la meno opprimente delle due, comunque si torturò l'anima per qualche minuto, fumando nervosamente una sigaretta. Decise poi di essere professionale e, attraversando il bel salone della sua casa, aprì la porta rossa e si mise alla Sala di Controllo, deciso a dimostrare il suo valore e lasciare un bel ricordo. Probabilmente il suo successore sarebbe stato un mediocre chiamato ad un ruolo troppo più grande delle capacità di cui disponeva, pertanto decise di sfruttare al meglio la sua esperienza e gestì tutto con la solita incomprensibile miscela di misericordia, sadismo, dadaismo e banalità. Osservò gli innumerevoli schermi, le tastiere ed i controller, lasciati stranamente in ordine dopo la caotica giornata di ieri.

Iniziò il suo lavoro carico d'entusiasmo, sprofondato nella sua poltrona di pelle. Si tolse qualche sassolino dalle scarpe, quasi come se fosse una firma d'autore. Si beò all'idea che questi colpi di genio sarebbe stati compresi soltanto alla fine della sua conferenza stampa serale. Come prima mossa del suo ultimo giorno di lavoro da Dio provocò l'istantaneo raffreddamento globale, riportando le lancette ai livelli del 1700. Dopo aver dato un'occhiata veloce alla Senna e al Tamigi completamente ghiacciati (invasi dai bambini coi pattini), si concesse quasi 20 minuti per ascoltare le reazioni gli ambientalisti spiazzati. Non li aveva mai sopportati. Donò giacimenti di petrolio immensi ad ogni stato Africano, l'indomani voleva vivere in un mondo diverso ed in ebollizione. Lanciò la moda su Instagram di fotografare le strisce di merda nella tazza del water e notò come, nel giro di poche ore, l'hastag avesse scalato le classifiche di popolarità in tutto il mondo. Rise di gusto, scrollò la testa e prima di pranzo fece in modo di osservare il conato di vomito della recluta in prima fila sulla faccia di Salvini in visita alle Forze Armate Italiane, poi ordinò su Just Eat un pad thai e una porzione di lampredotto ai carciofi, il tutto annaffiato da una birra fredda. Era forse troppa roba, ma doveva scalare i buonipasto. All'indomani non gli sarebbero più serviti e di regalargli all'azienda non aveva proprio voglia. Appena ricevuto il pacco dal rider Just Eat scalò una bella fetta del male quotidiano da dover immettere nel mondo, il pomeriggio se lo sarebbe gustato senza dover assolvere a quel compito che non gli piaceva ma che era necessario. Forse l'unica cosa che davvero non gli era mai piaciuta del suo lavoro.

Mangiò di gusto e si confessò che questa enorme sala giochi della Sala di Controllo non gli sarebbe mancata nemmeno un po'. Era Dio da 23 anni, era stressato e voleva cambiare vita. Sarebbe andato a Capo Verde a non fare un cazzo dalla mattina alla sera e mangiare secchiate di mango, sperando nella clemenza del suo successore. Lo stipendio da Dio non era poi male, aveva messo da parte qualche soldino, sicuramente il sufficiente per vivere in un'isola come Capo Verde. Poi chissà come sarebbe andata la storia. Nessuno meglio di lui sapeva che i capricci del Giostraio erano imprevedibili ed era inutile fare piani. E se il suo successore avesse disposto la sua morte il giorno successivo? "Inutile fare piani" si ripetè.

Di sicuro avrebbe fatto visita al suo predecessore, il mitico Chan Oh Park, se fosse riuscito a trovarlo. Controllò il database sul monitor e si sorprese scoprendo che faceva ancora il precario all'università di Singapore. Si sentì veramente moritficato, erano 23 anni che si diceva “Domani lo faccio cattedratico..” e se ne dimenticava quotidianamente. Rimediò prima ancora di finire il lampredotto, per riconoscenza per tutti i trucchi da Giostraio che gli aveva trasmesso. Impostò la data di morte del coreano per 9 anni dopo, in maniera tale che qualsiasi decisione del suo successore al ruolo di Giostario lo avrebbe lasciato in pace e gli avrebbe permesso di poterlo rivedere almeno un'ultima volta.

Poi pensò a come passare il pomeriggio. Le sue ultime ore di lavoro da Dio. Scelse di mettere il software in modalità Automatica e buttò giù una bozza del discorso che avrebbe dovuto tenere tra poche ore. Per la prima volta in 23 anni si disinteressò a quei controller. Si, doveva assolutamente cambiare aria. Lavorò al discorso molto attentamente, limando termini ed espressioni con assoluta attenzione, quasi maniacale. Gli sembrava di aver fatto davvero un buon lavoro. Come ultimo atto ufficiale da Dio sterminò le zanzare e donò i cavalli di clacson. Basta, adesso era davvero finita. Mise di nuovo su “Auto” e non guardò più i monitor.

Il cellulare squillò all'improvviso alle 15.39. Era il Direttore.

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