Da cosa abbia avuto origine questa pandemia lo scopriremo, come detto ieri dall' OMS, fra qualche anno (molto più probabilmente non lo scopriremo mai). Al momento, la versione ufficiale è quella di un pipistrello a ferro di cavallo -una delle tante prelibatezze cinesi- che ha avuto la sfortuna di incontrare famelici avventori presso uno dei tanti wet markets di Wuhan, vere discariche alimentari a cielo aperto.
La crisi economica, quale conseguenza di quella sanitaria, abbattutasi sull' Occidente è la più grave dalla Seconda Guerra Mondiale ed ha richiesto interventi pubblici inediti conducenti ad un' esplosione sia dei debiti pubblici che dei bilanci delle banche centrali i cui effetti futuri possono, al più, essere ipotizzati con un elevato grado di approssimazione.
Quello che sembra ragionevolmente certo è invece ciò che rappresenta e rappresenterà per diversi anni a venire il Covid-19 per l' Occidente in generale e per gli USA in particolare: il suggello della fine del primato globale a stelle e strisce.
Pur restando sempre valido il paradigma racchiuso nel "Seneca Effect" in base al quale la crescita è lenta ma la rovina improvvisa ed istantanea, nel caso di specie è abbastanza evidente come il declino americano risulti iniziato circa 20 anni fa e come il Covid-19 rappresenti un' eccezionale accelerazione al cambio della guardia dell' ordine mondiale.
Sin dal 1945, gli USA hanno costituito un'entità assolutamente dominante, avente un' economia pari a circa il doppio di quella dell' intera URSS e vantante un primato indiscusso in seno all' ONU, alla NATO, al FMI, tutte espressioni istituzionali del suo nuovo potere egemonico.
La fine dell' URSS nel 1991 ha poi ulteriorimente rafforzato la supremazia americana che si è estesa sin dentro i territori una volta raccolti sotto il Patto di Varsavia. Mai nella storia dell' umanità, dalla fine dell' Impero Britannico, una sola nazione ha potuto godere di così ampio potere su scala globale supportato a livello macrofinanziario dal ruolo del dollaro quale valuta di riserva globale.
All' inizio del nuovo millennio, la sua posizione sembrava essere quindi inattacabile tanto che sui libri di testo si parlava di quello americano come di un "hyperpower" alla base di una nuova epoca di "unipolarità". Tuttavia, sin dal 2001 -anno in cui la Cina è entrata nella WTO- abbiamo potuto testimoniare all' inizio di un nuovo corso, non ancora concluso, che ha cambiato e che continuerà a mutare gli equilibri del mondo. Le economie mature, quelle occidentali, sono state infatti progressivamente avvicinate e presto saranno superate da quelle in via di sviluppo. Il gap tecnologico è andato, progressivamente, riducendosi -anche grazie alla mole di furti di proprietà intellettuale occidentale perpetrati dalla Cina- risultando uno dei driver principali della loro crescita, ben più corposa di quelle dei Paesi sviluppati, con conseguente trasferimento del potere economico globale da ovest ad est, trasferimento che ha visto nel boom del prezzo delle commodities di inizio secolo -oggi pronto a replicarsi in un nuovo supercycle- uno dei vettori principali. Il boom del prezzo delle commodities ha rimpinguato di dollari le riserve degli stati orientali i quali li hanno versati in Fondi Sovrani impegnati in un mix di acquisti strategici e "spending spree" il quale ha costretto gli USA e l' Occidente ad intervenire nel più grande bailout finanziario di sempre (prima di quello attualmente in corso) al fine di evitare un massiccio outflow di capitali esteri che avrebbe potuto sancire la fine immediata del dollaro quale valuta di riserva e colpire ancora più duramente le fragili economie europee.
Eppure, ad inizio secolo, nessuno ipotizzava uno scenario del genere. Dopo l' 11 Settembre, gli USA non solo si ritenevano l' unica superpotenza esistente ma cercarono, fallendo clamorosamente, di assegnarsi un nuovo ruolo coerente con il loro status. Il nuovo auspicato paradigma ebbe origine a partire dal 1997, allorquando il think-thank "Project for the New America Century" guidato, tra gli altri, da Dick Cheney, Donald Rumsfeld and Paul Wolfowitz, gettò le basi per la nuova amministrazione Bush. Scrivevano i tre: «Mentre il XX secolo volge al termine, gli Stati Uniti rappresentano la potenza preminente del mondo. Avendo condotto l'Occidente alla vittoria nella Guerra Fredda, l'America deve affrontare un'opportunità e una sfida: hanno gli Stati Uniti a visione per edificare sui risultati degli ultimi decenni? Gli Stati Uniti hanno la determinazione per plasmare un nuovo secolo favorevole ai principi e agli interessi americani?».
Scriveva nel 2004 l' influente neo-conservatore Charles Krauthammer: «Il 26 dicembre 1991, l'Unione Sovietica morì e nacque qualcosa di nuovo, qualcosa di completamente nuovo: un mondo unipolare dominato da un'unica superpotenza incontrollata da qualsiasi rivale e con una portata decisiva in ogni angolo del globo. Questo è uno sviluppo impressionante nella storia, mai visto dalla caduta di Roma».
Su queste basi, i neo-coservatori americani decisero di interpretare il mondo tramite le lenti della superiorità militare piuttosto che per il tramite del tentativo di padroneggiare il sottostante trend della multipolarità economica, errore questo fatale che ha di fatto mutato il corso della storia recente.
La nuova dottrina caricò d'importanza il mantenimento del primato miliatare sotto l' ombrello della guerra al terrore culminata nel disprezzo della sovranità e nel supporto ai regime-changes. Queste scelte, non solo hanno visto il più basso livello di supporto politico da parte dell' Occidente dal 1945 ma hanno comportato costi stratosferici (la sola guerra in Iraq è costata tra oneri diretti ed indiretti tra i 2,2 ed i 3 trilioni di dollari).
L' amministrazioe Bush non solo capì poco e nulla dei nuovi trends economici ma capì poco e nulla della situazioe irachena poiché come sostiene Paul Kennedy in "The Rise and Fall of the Great Powers" la potenza militare dipende in ultima analisi dalla capacità produttiva del paese, capacità che proprio in quegli anni cominciava a spostarsi rapidamete verso l' est del mondo. Gli USA si ritrovarono quindi, sia per ragioni politiche che economiche, nell' impossibilità di replicare la strategia con Iran e Corea del Nord, gli altri due componenti dell' "asse del male" identificata dall' ammiistrazione Bush e dinanzi ai costi monstre legati al mantenimento di oltre 800 basi militari nel mondo. Nel mentre, sin dal 1982 e tranne che in un anno sino ad oggi, gli USA sono stati costretti a gestire ininterrottamente deficit di partite correnti vivendo ben oltre i propri mezzi a fronte di un forte incremento di deficit e debito pubblico.
Covid-19, al netto dei rimbalzi dei prossimi trimestri, acuirà queste debolezze macrostruttuali che, nel lungo termine, finiranno -in assenza di un' inversione di trend a dire il vero oggi poco probabile visto il palese decadimento cognitivo di Biden- per costringere gli USA ad un ridimensionamento del proprio apparato militare a fronte di una situazione esattamente opposta sul versante cinese che continua ad occupare geometricamente spazi economici, culturali e militari una volta occidentali.
Eric Packer è un anonimo utente Facebook, lo seguo da tempo e lo trovo spesso interessante da leggere, altre volte meno. Per la seconda volta appare su queste misere paginette.