I pensieri dello straccio

Lo Slavo • 21 febbraio 2019

Il ritorno de "Lo Slavo"

Mentre passo il cencio e pulisco i bagni nel giorno di riposo ripenso spesso a cosa mi manca. Tra un mal di schiena e un’imprecazione quando sposto il secchio e tiro in terra la qualunque, ripenso a qualche anno fa, negli anni nei quali si era fatto piazza pulita lavandosi le mani, il nuovo che avanzava aveva tanti soldi e la parte della speranza era un albero che produceva un prezioso nettare da condimento e, tra gli altri, un paio di ambiziosi baffetti.

I punti fermi erano tanti, oltre al fatto che saremmo per forza stati meglio dei padri, in fondo era sempre andata così dal dopoguerra; perché pensare altrimenti? La guerra la ripudiavamo un po’ tutti, fece un po’ strano sapere che proprio un paio di baffetti concessero le basi dalle quali partirono dei bombardamenti sulla Jugoslavia...chi se lo aspettava?

Anni prima in tanti erano approdati sulle nostre coste adriatiche in cerca di qualcosa di meglio, "genti diverse, venute dall’est, dicevan che in fondo era uguale" per usare parole migliori non mie. Ricordo tanti che storcevano un po’ la bocca, paura e anziana diffidenza, che però si limitava a questo, sapevano in cuor loro che la cosa giusta era accogliere, con tutte le difficoltà del caso, ma sentivano che storcere la bocca era una cosa sbagliata e si limitavano a non darlo a vedere, in fondo il partito o quel che ne restava non avrebbe apprezzato tale sentimento.

La radio non offriva pezzi incredibili a dirla tutta, ascoltavo cd ristampati di due decenni prima ma di tanto in tanto canticchiavo anch’io qualcosa che non era proprio rock. Così, tra la radio che passava Daysy di Daniele Groff e un’accusa ai vecchi per come avevano ridotto il pianeta preparavo la borsa per andare puntualmente alla partita, a sedermi rigorosamente di fianco al mister, nella seggiola che spettava a chi non aveva i piedi di Baggio né i polmoni di Di Livio ma non si perdeva una trasferta coi suoi amici.

La sera mi cambiavo e mi spruzzavo quintali di Axe Africa, uno dei deodoranti spray più terrificanti di tutti i tempi. Un odore dolciastro che si mischiava con la fase ormonale ormai in dirittura di arrivo e creava un mix bandito dalla convenzione di Ginevra. Prima di uscire mettevo qualche altro cd, confesso di aver comprato anche quello dei goo goo dolls ed oggi me ne vergogno un po’! La pizza coi soldi contati che dovevano bastare anche il giorno dopo e la classica “la finisci la pizza?” chiesto a più riprese alle ragazze che erano con noi al compleanno di turno. La casa del popolo e le giratine a piedi e la buona abitudine di non passare troppo vicino a “quelli più grandi”, qualche partita coi giubbotti in terra che ancora si riusciva a fare e quella sensazione che comunque un giorno non ci sarebbero stati problemi, che insieme, tutti insieme qualcosa si sarebbe fatto, qualcosa di grandioso, mica come i vecchi che avevano portato questo consumismo...

Oggi passo il cencio e davvero penso che noi invece non abbiamo proprio fatto nulla, mica per colpa della generazione in particolare, piuttosto perché è stato tutto un cambiamento, anche nella società, così veloce e così radicale che non ci ha trovato pronti e nessuno era in grado di prepararci, anche perché tutto questo è nuovo per tutti. Però se il nuovo è questo, fatto di odio, di frustrazione sfociata sui più deboli, di ricerca del nemico per forza, di purezza autarchica e di feccia estera, allora davvero era meglio continuare a canticchiare Daniele groff e a giocare nel finto campo di grano...

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