Day 7 in Belarus

Enrico Luschi • feb 19, 2019

Giacche autarchiche, self-service di fiori & easyrider sordomuti

Io e Anastasia ci addormentiamo con molta fatica, si parla di un po'di tutto nella speranza di farci arrivare il sonno, ma niente. A sentirci abbiamo la soluzione fatta e finita per:

  • la crisi ucraina;
  • la mancata costruzione di una vera identità nazionale indipendente bielorussa (ancora palesemente succube della grande madre Russia) a differenza di tutte le altre repubbliche ex sovietiche che non vedono l'ora di staccarsi di dosso il puzzo dell'ex URSS;
  • il disastro economico della Bielorussia, in una perenne rincorsa di prestiti camuffati da aiuti umanitari, ora UE, ora FMI;
  • cazzi nostri;
  • della pena di morte ancora prevista dall'ordinamento giuridico nazionale etc etc.

Poi, sfiniti, ci addormentiamo alle 2 passate. Il piano sarebbe di svegliarsi sul presto per terminare il giro dei regalini e vedere se troviamo qualcosa per noi. I prezzi sono aumentati, ma risulta ancora conveniente rispetto all'Italia.

Il nostro programma subisce un lieve ritardo ma siamo operativi per un orario accettabile. E si riparte verso il Soviet Mall, Anastasia deve comprare alcune cose che mi dice essere sicura di trovare solo lì. Poi, girellando, trova una giacchetta, se la prova per circa 25 minuti (il baldanzoso cipiglio è il suo punto forte) e alla fine la compra. Io giro un po' nel reparto uomo, senza nulla di preciso in mente e mi ritrovo con un cappotto, dei jeans e un 200 eurini in meno sulla carta. Non piu' tardi di 2 giorni fa ho scritto che c'era roba fuori moda già per il 1995. Vabbè, scherzavo al 95%.....

Dopo il Soviet Mall è il turno della farmacia, Anastasia cerca della roba che in Italia non si trova o che costa 12 volte di piu'. Poi per la bimba è il momento di saccheggiare il negozio di cosmetici, vanto della produzione industriale bielorussa: mi spiega infatti Anastasia che i cittadini degli stati vicini vengono a fare man bassa di prodotti cosmetici a Minsk o comunque appena dentro i sacri confini del popolo "bulbashi" (traduciamolo con mangiapatate, ma non proprio esattamente). Riempe un cestino della spesa e spende meno di 12 euro. Nel frattempo due vecchie bavose, che dovrebbero solo barricarsi in casa a fissare il vuoto ed aspettare serenamente la morte, riempiono a loro volta un carrellino di troiai vari. Se gli uomini qui compensano le loro frustrazioni con l'alcool, si può tranquillamente affermare che le donne sono vittime della cosmesi accanita.

Torniamo a casa e riparte il gozzoviglio, ma in versione light: mi sono impuntato di avere solo un'insalatina e vengo soddisfatto. Poi speluzzico qualcosa dei mille piattini in stile tapas presenti in tavola, ma insomma mi contengo. Sono obbligato a mostrare quanto acquistato al Soviet Mall e i miei acquisti sono approvati dal consorzio controllo qualità.

Dopo pranzo ci dirigiamo verso un enorme centro commerciale, aperto da pochissimo e che è equamente suddiviso tra marche internazionali a me conosciute e marchi improbabili come "Le dimanche - Italian lingerie". Si verifica un miracolo ed Anastasia (dopo una prova durata appena 25 minuti e 4 capi) acquista il suo secondo paio di jeans da quando la conosco. Entriamo poi in un negozio di lino, altro vanto bielorusso, cerco una camicina per me ma sono troppo grasso per trovare qualcosa di carino. Troviamo un giochino italiano (......) per i nostri felidi in un negozio di animali che traspira la stessa allegria di un mattatoio, poi ci concediamo una pausa caffè per fare il punto della situazione. Sembra tutto ok, non abbiamo dimenticato nessuno e ripartiamo verso il centro. Prima di uscire vediamo una self service di fiori secchi. Mai vista prima, un mezzo delirio.

Torniamo verso casa, scendiamo dalla metro e nel sottopasso che ci riporta in superficie la nostra attenzione viene colpita da una serie di piccole bandierine. Le ha attaccate un uomo sordomuto bielorusso nato nel 1941 che in moto ha girato il mondo. Ha una cartina sulla quale ha segnato tutti i paesi visitati e davvero mi trovo ad invidiare la vita di quest'uomo. Ci fa vedere album di foto dei suoi viaggi e dei cartelli che narrano la sua storia. E' un peccato non averci potuto parlare, chissà che bel pomeriggio alcolico ci avremmo passato. Lasciamo 5 rubli di donazione e diffondiamo il verbo. Del resto non potevo finire una vacanza senza un personaggio improbabile del quale poter raccontare. Mi sembra il minimo farmi una foto insieme e lasciare il link di uno dei personaggi piu' strambi che abbia mai incontrato.

Visitiamo due piccoli supermercati per acquistare alcune cose che servono per la cena d'addio di stasera e soprattutto le ultime cose che vogliamo portare in Italia e che sono introvabili da noi (vino georgiano, acqua di Borjomi e una cosa della quale Anastasia va ghiotta, ovvero formaggino ricoperto di cioccolata o glazirovanyi syrok, come dicono qui). Nel secondo supermercato, non me ne ero reso conto nelle visite precedenti, tutto è molto elegante: colonne di marmo, capitelli, stucchi e soprattutto l'addetta al banco macelleria piu' topa del mondo.

La cena d'addio è una sfida al mio esofago. E' presente in tavola tutto quello che può essere cucinato, unto, condito e fritto in 24 ore. 24 ore detto per modo di dire fino a un certo punto: la solerte zia spignatta davvero da stamani. Cerco di contenermi mentre mi rendo conto che intorno a me l'atmosfera è un po' malinconica. Decido quindi di mettermi in disparte, cerco di far gustare gli ultimi momenti con la famiglia ad Anastasia senza darle impiccio di tradurre battute scontate e perdere tempo mentre finisce di zeppare la valigia di ogni ben di Dio. Faccio la doccia e inzio a scrivere questo post che è anche l'ultimo di questo viaggio.

Anche se mi piace fare il guru sono l'ultimo in grado di dover dispensare consigli o pontificare su qualcosa, però questo viaggio mi ha davvero aperto gli occhi su tante cose: da questo momento non tollero piu', definitivamente, parole tipo "socialismo" o "comunismo" sparate a casaccio da chi queste parole le ha, al massimo, lette sui libri (immagino le obiezioni cretine su teoria e pratica), sono esentati al massimo i minori di 15 anni. Oppure discorsi nazionalistici del tipo "orgoglioso di essere italiano" e non "miracolato a nascere dalla parte fortunata del mondo" dopo aver visto persone laureate che lavorano 16 ore al giorno e che non possono venire un weekend in Italia perchè il problema è il costo del visto di 60 euro (cifra che generalmente spendo per un aperitivo) o gente che lavora 35 anni e deve vivere in una stanza di 6x2 in un appartamento di 70 mq con altre 2 famiglie. Altra cosa che vi consiglio di fare è di andare (sempre e ovunque) e di parlare con la gente del posto, che ha sempre qualcosa da comunicare e insegnare. Vale piu' una settimana così che 15 giorni chiusi in un villaggio vacanze alle Bahamas, esperienza nella quale davvero si cambia solamente lo sfondo al finestrino. Probabilmente non essere riuscito a comunicare con il rider sordomuto è un rimpianto che aumenterà con il tempo. Ok, basta con discorsi melensi: ci sono delle tope da fare spavento, tutto vero. Ma venire in questi posti -che sono davvero il residuo di un'altra epoca e di un altro mondo- e non cogliere alcuni concetti è da minus habens.

Spero vi sia piaciuto questo ritorno sulla scena e di essere stato in grado di trasmettervi qualcosa da queste lande lontane e non molto conosciute. Il sito ha sfondato quota 600 visitatori unici in meno di un mese e per me è davvero un capolavoro.

Bona merde, ci si vede in giro.

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