El tren de Dios

Enrico Luschi • 26 febbraio 2019

Terzo capitolo di "Figli di un Dio mediocre"

Riassunto delle puntate precedenti: Dio si rompe i coglioni e decide di dare le dimissioni, richiedendo al proprio agente di organizzargli una conferenza stampa in diretta destinata alla popolazione mondiale. Dietro le quinte però Dio sta tessendo la sua ultima tela, vuole infatti che il successore sia scelto tramite un reality show. Ciò, indirettamente, avrebbe regalato alla Ditta una posizione di assoluto controllo, sebbene occulto.

Trovate le puntate precedenti, se ci riuscite.
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Chiusa la telefonata con Tony Dio fumò una sigaretta e si mise a pensare. Aveva fatto la scelta giusta, senza dubbio. Davvero era arrivato al limite della sopportazione e sentiva la reale necessità fisica di un cambiamento. Certo, lasciare quel posto gli pesava ed aveva alcuni brutti pensieri, ma era sicuro che doveva fare quel passo.

Si fece una veloce doccia, fischiettando canzoni di un tempo passato. Uscì dal box doccia di buon umore, guardò l'orologio e vide che era nettamente in anticipo sulla tabella di marcia. La sede dell'emittente era abbastanza vicina e avrebbe impiegato al massimo un'ora anche usando il trasporto pubblico. Aveva proprio voglia di stare in mezzo alla gente. Fece un ghigno pensando a quante volte aveva stoppato il progetto coreano del teletrasporto, facendo impazzire gli addetti a un progetto ancora troppo ambizioso per questa umanità. Chissà il suo successore cosa avrebbe concesso di sviluppare, cosa avrebbe bloccato, quali ostacoli avrebbe creato e quali rimosso. Bah, cazzi suoi, comunque.

In un veloce flashback rivive alcuni dei momenti più divertenti di questa avventura che ormai era terminata e fece un sorriso malinconico. Inutile raccontarsela, quelle sensazioni le avrebbe rivissute ancora per tanto tempo con un certo rimpianto e gli sarebbero mancate. Mandò un messaggino di saluto a Olaf, l'islandese gentile suo degno avversario nel ruolo di Satana e controllò su Google l'itinerario che avrebbe dovuto coprire per arrivare alla sede della TV. Si stupì di avere addirittura la scelta tra bus e treno. Optò per il treno, sebbene fosse la soluzione un po'più complicata.

Camminando per la strada, sulla via della stazione, per la prima volta dopo 23 anni guardò il mondo con gli occhi di una persona normale, osservando le offerte dei vari negozietti, stupendosi negativamente di qualche bruttura dell'edilizia moderna e buttando un'occhiata furtiva su qualche culo. "Che bella sensazione" -pensò- "finalmente uno dei tanti, a farmi trascinare dalla corrente". Si rese conto che negli ultimi 23 anni, sebbene si fosse divertito a più non posso, aveva trascurato molto le sue voglie e le proprie passioni. Aveva davvero fatto la scelta giusta.

Comprò il biglietto alla biglietteria, sebbene avesse potuto farlo più velocemente al totem self-service: aveva voglia di contatto umano. Provò a scambiare due chiacchiere con la grassa signora di mezza età allo sportello, ma non attaccò. Pagò la cifra irrisoria e andò al binario, riflettendo sui primi veloci calcoli economici di sostentamento. Per 23 anni anche quello non era stato un problema: vitto e alloggio pagato dalla Ditta, ottimo stipendio e spese pressochè nulle. Aveva il suo piano e, anche se fosse andato male, aveva di che vivere tranquillamente per almeno 10 anni. Certo, se fosse andato tutto come aveva progettato la cosa sarebbe stata diversa, ma davvero non era importante. Si sentiva finalmente libero e pieno di entusiasmo.

Arrivò il treno e salì sul vagone: sebbene fosse un orario da pendolari lo scompartimento era pressochè vuoto. Solo una vecchina intenta a leggere un giornaletto pieno di finti scoop su finti vip, una giovane mammina (bella topina!) con una buffa bambina al seguito e un elegante ragazzo di colore, salito insieme a Dio. Si sedettero in maniera tale da non disturbarsi e godere di un certo spazio libero.

Dio si stupì di godere così profondamente di quello che agli altri viaggiatori doveva davvero rappresentare il calvario quotidiano: dopo 23 anni in quella maledetta stanza di controllo anche un itinerario urbano in treno era una novella di libertà. Per la prima volta rimpianse la scelta fatta al momento dell'assunzione, anche se questa sensazione durò solamente pochi secondi. "Non raccontiamoci cazzate" si disse, per 23 anni aveva diretto il mondo, non aveva di che rimpiangere nulla.

Si fissò per qualche istante sulla vecchina e la sua appassionata lettura, domandandosi perchè fosse così attratta da quella merda, poi la vivace bambina bionda rapì la sua attenzione. La piccola, che probabilmente non aveva nemmeno 5 anni di età, stava narrando una favola senza alcun senso alla mamma che la ascoltava distratta e rispondeva solo per farla contenta e farle sviluppare al meglio la sua fantasia e una adeguata proprietà di linguaggio. Pochi sedili più in là intanto il ragazzo di colore stava educatamente parlando al telefono, probabilmente con un amico, fissando un appuntamento per il giorno seguente. La madre dette un piccolo pezzettino di schiaccia alla bimba che, dopo qualche morso svogliato, iniziò a farla roteare in aria per accompagnare meglio il suo racconto sconclusionato. Dio non si rese conto di essere totalmente rapito dalla scena e continuò a gustarsi questo piccolo show, noncurante degli occhi indagatori della vecchina, già in allarme, sicura di aver scoperto il nuovo pedofilo cittadino e pronta alla delazione. Intanto nella sua mente si fece lentamente largo la bozza di discorso che doveva tenere tra meno di un'ora alla TV. Aveva tutto pronto da mesi, ma un ultimo ripasso, sebbene sovrappensiero, non ci stava certo male.

La bimba iniziò a corricchiare verso il finestrino dello scompartimento affianco al suo, lo scompartimento dove era seduto l'elegante ragazzo di colore, che nel frattempo aveva chiuso la chiamata e si era immerso nell'ascolto della musica tramite due sgargianti cuffiette wi-fi di colore azzurro, mentre guardava passare lento un panorama già visto e rivisto troppe volte per essere davvero degno di interesse. La bimba non si accorse delle cuffiette e offrì un morsino di schiaccia al ragazzo, chiedendo con voce sicura per la sua piccola età: "Ciao signore, vuoi la schiaccia della mia mamma?" . Il ragazzo capì che la bambina aveva detto qualcosa, ma con la musica sparata nelle orecchie proprio non era riuscito a sentire, perciò si tolse le cuffiette e con un bel sorriso disse "Come hai detto, scusa?". La bimba cambiò sguardo, come se si fosse resa conto di una terribile gaffe, quindi ritirò il braccino teso con la schiaccia tutta sbocconcellata e sbavata e con aria colpevole disse: "Ah già, tu sei negro, non devi mangiare". Appena sentita quella frase la giovane madre, rossa di vergogna, si profuse in mille scuse verso il ragazzo che, fortunamente, capì la situazione e si fece una grassa risata di gusto.

Dio scese alla fermata successiva e si domandò come il suo successore avrebbe potuto gestire questo macello, del quale solo adesso si sentiva terribilmente colpevole.

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