La giornata inizia presto, alle 5.00 suona la sveglia. Ultimi preparativi e alle 6.50 siamo alla stazione, ebbri di entusiasmo per l'inizio dell’avventura. Il treno e’ puntuale e dopo poco mi accorgo che siamo seduti dietro qualche addetto alla formazione di Trenitalia. Costui infatti sta tutto il viaggio a preparare slide tecniche, di quelle che poi ci propinano ai corsi di formazione. Provo a sbirciare ma poi mi accorgo che la cosa e’ perniciosa perche’ rischio di essere sgamato a causa del riflesso del plexiglass.
Provo ma non riesco a dormire, tra suonerie dei cellulari che suonano ininterrottamente da Firenze a Roma. Arrivati nella capitale ci dirigiamo presso lo storico bar Trombetta per fare colazione e prendiamo per un pelo il Leonardo Express che ci porta a Fiumicino. L’aeroporto per la prima volta mi sembra funzionare decentemente, sara’ anche perche’ magari il check-in per il volo del mercoledi’ della Belavia per Minsk non e’ particolarmente affollato, ma espletiamo tutto (consegna bagagli, accesso ai gate e controllo passaporto di Anastasia) in un tempo molto rapido. Il Terminal 3 e’ quello destinato quasi totalmente ai voli extraeuropei, pertanto i negozi sono dei brand italiani piu’ conosciuti all’estero (Gucci, Dolce al Gabbiano etc etc), oltre che quelli standard internazionali.
Espleto come da prassi il rito di prendere l’ultimo caffe’ buono prima di imbarcarmi, poi attendiamo qualche minuto per dirigerci al gate. Ci imbarchiamo con uno spaventoso anticipo rispetto alla partenza prevista, l’aereo e’ pieno di casi umani e noi siamo al centro di una imbarazzante triangolazione composta da un meridionale grasso e sordo, con occhiali da talpa, due siciliani in eta’ da pensione che staranno tutto il maledetto volo a spippiolare al telefono e una vecchia di merda bielorussa che piu’ di una volta mi fara’ girare i coglioni tirando il mio seggiolino per farsi leva e alzarsi.
Come da prassi provo ad addormentarmi appena dopo il decollo, ma un simpatico annuncio della hostess (discrete, finalmente, come prevede lo stereotipo) in russo a tutto volume mi sveglia di soprassalto e mi fa venire voglia di alzare le mani in segno di resa. Il russo di sorpresa, alla vigliacca, mi fa questo effetto. Il volo prosegue placido in un crescendo rossiniano di sconforto che tocca l’apice al momento del pranzo, che consiste in un piatto unico formato da:
• n.2 wurstel di pollo sulla cui natura e’ bene non indagare troppo;
• n. 8 pennette rigate sciocche in bianco;
• n. 3 fagiolini verdi spezzetatti sopra la pasta;
• n. 1 formaggino mio;
• n. 4 ottimi pomodorini coltivati a Minsk;
• n. 1 panino duro come la ghisa;
• n. 1 dolcino strano;
In una qualche maniera si atterra, nevica come dio la manda. Adempiamo le formalita’ di rito, tra cui accuratissimo controllo passaporto, effettuato da un’arpia di mezza eta’ con lo sguardo cattivissimo che per due volte mi chiede di guardarla con la stessa premura che deve avere provato Mengele per i suoi pazienti. Come e’brutto quando il negro sei tu.
Sono venuti a prenderci la nipote di Anastasia ed il suo marito, due giovani autoctoni. In circa mezz’ora arriviamo in citta’ e mi accorgo che rispetto alla mia ultima visita (3 anni fa) Minsk sta lentamente scviolando verso il mondo occidentale. Si vedono piu’ macchine, franchising e marche di prodotti occidentali, l’ultima volta non c’erano e per me era affascinante vedere macchine sconosciute o magazzini stile OVS ma in salsa Soviet. Adesso, in pochi km ho gia’ visto Burger King, KFC, L’Erbolario etc etc... Non so se esserne contento o meno, ma certo che una parte bizzarra di questo viaggio viene meno. Per me era davvero un’immersione in un altro mondo ed adesso mi pare solo di aver cambiato lo sfondo al finestrino.
Arriviamo a casa della zia di Anastasia che ha spinto per ospitarci, vengo accolto in casa come un signore. Tutti si prodigano a mettermi a mio agio e dopo nemmeno 15 minuti sono in pigiama viziato in ogni modo e maniera, perche’ parte subito il gozzoviglio in stile bielorusso, che consiste in una cenatuttointavolatuttoinsiememabeviezitto. Cena molto vegana, peraltro. Ben presto divento un oggetto estraneo, non potendo capire un cazzo di quel che viene detto. Mi isolo e guardo la TV, altra attivita’ molto divertente quando le parole sembrano un incessante squittio di topo e basta.
Ogni tanto Anastasia, per compassione, mi traduce qualcosa e riemergo dai miei incubi. Intanto il mio bicchiere non e’ mai in pace e viene riempito ora di champagne di Minsk, ora birra, poi succo di mela artigianale. Il marito della nipote mi invita spesso fuori a fumare, ma io non cedo e lo accompagno solo per fare la persona educata. E’ un bravo ragazzo e grazie a Google Translate riesco anche a capire che il suo hobby e’ la pesca. Poi, ambedue in pigiama e con indosso solo il giaccone, ci dirigiamo verso un supermercato perche’ e’ finita la birra ed e’ un' onta non tollerabile in questa magione. La cassiera ci guarda schifata, ma tanto a me mi importa una sega e si torna allegri a casa. Rampognati da moglie e fidanzata ci rifugiamo in shottini di vodka, per poi andare a letto bellini briachi verso mezzanotte.