Seconda parte del viaggio nel cinema (e non solo) del grande Nuti
Eccoci qua con la seconda parte del mio personale "omaggio" a Francesco Nuti.
Ci eravamo lasciati con l'addio a Ponzi e con l'avvio della carriera da regista.
Nel 1985 infatti Nuti fa il grande salto e gira il suo primo film da regista: "Casablanca, Casablanca", uno strano esordio a metà tra un ammiccamento al famoso Casablanca con Bogart e un sequel spurio del suo "Io, Chiara e Lo Scuro" di pochi anni prima. Una scelta di certo non facile come primo lavoro.
Il film è basato sulla storia di un forte giocatore di biliardo (Nuti) e la sua femme fatale (la De Sio). Fanno da spalla ancora una volta Lotti ed il mitico Novello Novelli, una delle maschere preferite e più legate alla filmografia del regista pratese. Il protagonista, pur di stare con la sua compagna, ha smesso con il biliardo, ma per i casi fortuiti della vita viene invitato a partecipare al Campionato del Mondo a Casablanca. Nel mezzo la solita traumatica relazione con la propria donna, che crea situazioni ingarbugliate tra finti tradimenti e focosi riavvicinamenti. A causa di uno di questi arriva in ritardo alla semifinale, venendo squalificato, ma Lotti (già qualificato per la finale) gli cede il posto. Trionfa in finale grazie ad un tiro fenomenale e chiaramente il finale non è banale. Nuti vince il David di Donatello come migliore attore ma il film viene stroncato dalla critica perchè "piatto e gracilino". Effettivamente non è il classico film di Nuti, ma per essere l'opera prima (e film davvero particolare perchè -come già detto- è sia un omaggio a Casablanca che il sequel di un film girato pochi anni addietro).... Sarebbe interessante rileggere adesso le stroncature di allora, quando senza tette o culi, Nuti incassava 30 miliardi a film.
E' ancora il 1985 (!) quando Nuti fa uscire anche il suo secondo lavoro da regista: "Tutta colpa del Paradiso", a detta di molti il miglior lavoro del Nuti regista. Non sono d'accordo, ma faccio il capotreno e non il critico cinematografico. Cambia la musa, basta con la De Sio e dentro la Muti, una donna veramente meravigliosa. La storia è abbastanza semplice: Nuti esce dopo 5 anni di galera, non ha radici in quanto non ha più casa o amici, ha un figlio (affidato dai servizi sociali ad una famiglia valodstana) che non è mai riuscito a vedere e si mette in testa di andarlo a conoscere. Arriva in Valle d'Aosta e trova la famiglia alla quale il piccolo è stato affidato. Riesce a diventare amico dei nuovi genitori del bimbo e si fa accettare (sempre come amico) anche dal ragazzo, poi, dopo aver trombato benbene la Muti, decide di non alterare il bell'equilibrio della famiglia e si fa da parte. Un bel film, carico della solita comicità velata da una malinconia di fondo ormai tipica delle opere nutiane. Capolavoro la scena dell'orchestra nella baita. Bellissime le musiche del fratello Giovanni Nuti e l'ambientazione tra le splendide montagne valdostane. Mi piace ricordare la battuta dedicata all'assistente sociale che non vuole rivelare a Nuti il luogo dove si trova il bambino:
"Lo sai perché te tu sei 'na troia? Perché tu n' se' mai stata 'na troia"
Si arriva al 1986, esce "Stregati", un inno alla notte e a Genova. E un pochino forse anche alla topa. Film forse più sottovalutato del dovuto. Solito cast del film precedente: Nuti e Muti sopra tutti e l'ottima spalla di Novelli a chiudere il cerchio. Definiamolo all'inizio - con le dovute cautele del caso- un "Amici Miei" in salsa genovese, visto che la storia verte tutta sulle zingarate di Nuti (disc-jokey di Radio Strega, una specie di Jack Folla ante litteram, if you know what I mean...), suo padre (gestore di un cinema porno) e altri due amici. Poi entra in scena la Muti e diventa una commedia sentimentale, a mio avviso la migliore che ha girato Nuti. Film curato, rende benissimo l'idea di una città deserta nelle ore notturne, ma con un'anima viva e pulsante. Sono veramente magnifiche anche le musiche, tanto da meritarsi il Nastro d'Argento di quell'anno. Altro film stroncato dalla critica (e altro incasso da capogiro), ma a me mi importa una sega e lo reputo il film di Nuti più "mio".
Nuti, fino ad allora molto prolifico, si ferma per due anni prima di portare sugli schermi "Caruso Pascoski di padre polacco". Sarà uno dei suoi film più riusciti, con incassi stellari e con le solite stroncature da segaioli da parte dei critici italiani che arrivano (Mereghetti) a dare il solito voto sia a questo film che a un qualsiasi capitolo della serie di "Pierino" di Alvaro Vitali. E mi sembra che basti questo.
Fuori la Muti e dentro la Burt (giovane fiamma americana di Nuti di quel periodo), oltre alle solite robuste spalle di Novello Novelli e Petrocelli. Caruso, piscanalista fiorentino, viene abbandonato da Giulia, sua fidanzata storica già dai tempi delle elementari ed entra in una crisi intima fatta di alcolismo molesto (...) e casi disperati che gravitano nel suo studio professionale. Aggrava il tutto il fatto che Giulia lo abbia lasciato per un paziente che Caruso aveva diagnosticato come omosessuale. Dopo incontri femminili assurdi ritrova la sua Giulia, nello strano ruolo di amante, e piano piano riesce a ricostruire il rapporto con la femme fatale di turno e a sanare anche il caso di Edoardo, il paziente che gli aveva sottratto Giulia per un breve lasso di tempo. Momenti di comicità notevoli (le scene con i pazienti, tra i quali Monni, o il dialogo sulla natura politica degli affettati), storia tessuta bene sul progressivo incancrenirsi dei rapporti uomo-donna, gag riuscite ("je suis frocio, parecchio frocio"): Caruso dopo 31 anni funziona sempre bene e, sono sicuro, che per i cervelli ancora funzionanti (ossia quelli viventi nelle zone dove non arriva il segnale di Canale 5 e Real Time) sia un film da non perdere. Cinema vero e di qualità.
Per i poveretti che hanno vissuto una grama esistenza, priva di tale gioiellino, siete fortunati.
Sul tubo c'è tutto intero ed in buona qualità. Per stasera l'ordine è spegnere Netflix e guardarvi questo:
Per oggi è tutto, altrimenti poi vi vengo a noia e non mi leggete più.